giovedì 26 settembre 2013

Per una Metonimia della Visione


su “Quasi Tutti”, di Carlo Gloria


Il nostro profilo è un risultato del compromesso tra spirito e vita. Paghiamo il conto, riconoscendoci, ad un'economia che ci piega: percepiamo, in questo modo, ciò che conviene, inconsapevolmente. Come per un nome, la figura si fa linguaggio – ci chiamiamo attraverso i lineamenti sgrossati, utilizzando le fattezze stilizzate. Ci somigliamo definitivamente, diventiamo noi stessi e coincidiamo con le sommarie parole che ci definiscono: le nostre generalità, appunto. Ci rincorriamo, eludendo il tremendo pericolo della scena impossibile, del gesto inconcludente, dell'irriconoscibilità dovuta ad un cambiamento radicale. 
Metonimia della visione è quest'azione di convincimento. Riconoscere l'uomo dai lineamenti del volto equivale, in termini retorici, a denominare una cosa con il nome di un'altra. Che la prima possa essere considerata in relazione di dipendenza o di continuità con la seconda è potere del simbolico: collo di bottiglia, bicchiere di vino, decisione del cuore...
Intrappolati nelle parole, spieghiamo il procedimento con un'ulteriore locuzione: prendere confidenza. Vanitas Vanitatum, sterminata forza del fallimento, emergente nella continua sostituzione linguistica del luogo originario, del momento immacolato! Per un'analogia dello spostamento, sostituiamo idee e immagini con altre associate ad esse, per renderle più affabili. Per inventarne l'abitudine futura, la nostra...

Ivan Fassio
Carlo Gloria, Quasi turri, 2010

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