su "Noli", di Gosia Turzeniecka
L'approdo sarà arduo, tra correnti di flussi. Lavare una riva frequentata, incredibilmente, dai miraggi della città sarà dovere dell'onda, in uno sciabordio stillicida a cui ci saremo assuefatti. Tornando da un etereo viaggio nell'auscultazione del paesaggio urbano, potremo mai riscoprire, senza soluzione di continuità, la forza del fiato animale?
Nel tragitto a ritroso dalla tecnologia all'autenticità dell'esistenza, assopirsi è inevitabile, poiché passare con un balzo dai compiti della società organizzata alla libertà della campagna richiede, necessariamente, un tratto di pausa, qualche punto di sospensione. L'intervallo può facilmente mischiare lo spazio e il tempo. Allo stesso modo, la distanza, tradotta in scansione di momenti, tende ad amalgamare percorso e durata. Affondato alle radici dell'albero del sogno, questo curioso impasto ne nutre le visioni. Sono le immagini dell'abbandono e dell'abbraccio ritrovato, le chiare premonizioni di un ritorno vissuto alla luce della natura, dove sopravvivenza e pericolo si mescolano nella piena percezione del giorno e della notte.
Ora, la meta ci è curiosamente estranea. Candidamente, l'uscita da noi stessi è l'unica missione: il favore da corrispondere a un'umanità lontana e umile, in bilico tra presenza vitale e oblio dello sviluppo. Comunità inconsistente, difficilmente assimilabile, idea affascinante e grezza, ma fonte d'ispirazione e forte come un archetipo. Totem per adorare, ex voto per rendere grazie, muro per chiedere perdono: saranno gli strumenti da utilizzare per le nostre nuove strutture, per inedite costruzioni. Arriveremo quando avremo finalmente riletto questo testo, quando la copia della prima intuizione sarà definitivamente realizzata.
Ivan Fassio
Gosia Turzeniecka, Noli, acquerello su carta, 2012 |
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