mercoledì 12 ottobre 2011

Apocalypse Green. Mostra Personale di Jean Paul Charles

Apocalypse Green. La luce verde dell'Apocalisse


J.P.Charles, 2011
- L'Apocalisse come rivelazione

L'Apocalisse è rivelazione delle nostre capacità percettive: emersione di volti, paesaggi, corpi e oggetti riconoscibili perché portatori di strutture essenziali. L'essenza è invisibile: affiora, tuttavia, da un rapporto mistico con l'opera. Quest'ultima si pone come un simulacro evanescente. È fantasma del pensiero razionale e, allo stesso tempo, radice dell'esistenza corporea. Una perdita delle proprie certezze identitarie si accompagna, tanto nell'artista quanto nello spettatore, ad una maggiore capacità di entrare in contatto con l'oggettività di elementi formali necessari. Si potrà leggerli come ingranaggi di una finzione inevitabile e, al contempo, catartica.



J.P.Charles, 2011
- L'Apocalisse come speranza

Secondo l'esegeta francese Paul Beauchamp, "la letteratura apocalittica nasce per aiutare a sopportare l'insopportabile".
La letteratura apocalittica presenta un linguaggio simbolico discontinuo, le immagini si susseguono senza una particolare concatenazione. Allo stesso modo, nelle opere di Jean Paul Charles, il susseguirsi di elementi drammatici e simbolici non segue una trama tradizionale. Si riferisce, tuttavia, ad una Storia individuale e sociale: si presenta come frammentaria proprio nel tentativo irrequieto di testimoniare il dolore


J.P.Charles, 2011


- L'Apocalisse come presenza


Nella letteratura apocalittica, i tempi si confondono. Si ricorre spesso all'avvenire per riferirsi, metaforicamente, alla situazione presente. Passato e futuro sono imprigionati in un eterno presente. È il tempo della distanza imprescindibile dalla creazione, dell'abbandono della propria identità, dell'assenza. L'unica presenza certa è ll'allusione simbolica: l'essere è riformulato, cancellato, radiografato, sovrapposto. L'artista interviene, istintivamente o meccanicamente, sempre con l'intento di aggiungere un tassello alla propria intuizione della verità. Ogni immagine è ciò che è rimasto dopo una sconfitta: la battaglia veniva combattuta contro la realtà del presente.
                                                                                                                                                
Ivan Fassio


Apocalypse Green. Personale di Jean Paul Charles

A cura di Ivan Fassio
Paratissima
Via Nizza, 31
Torino

Orari:
2 novembre: 19,00 - 23,00
3-4-5 novembre: 16,00 - 24,00
6 novembre: 11,00 - 20,00



martedì 4 ottobre 2011

Ciò che dice il tempo – Logogrifo 1970 di Ezio Gribaudo



Ezio Gribaudo, Logogrifo 1970, rilievo e oro su carta buvard, 33 x 44 


Non ci dice il tempo che ogni circostanza è soltanto una particolare disposizione di elementi. È la nostra logica a radunare questi tasselli per generare i fatti, per allineare le tappe della Storia. Credere negli eventi significa, quindi, avere fede nel linguaggio che li esprime. Occorre che il tempo storico scorra come un fiume su un letto di convinzioni e tra argini di strutture inconsciamente condivise.
Allo stesso modo, alla speranza per ogni avvenire e al compimento di ogni progresso è essenziale che la manifestazione di un principio possa incarnarsi in determinati avvenimenti. Nel presente, l'ideale sta all'azione così come, nella narrazione di una storia, la fiducia sta al linguaggio.
Volontà di cambiamento, risorgimento dello spirito e umanesimo poggiano sulla fede nella parola e nell'azione. Per credere, tuttavia, è indispensabile passare attraverso il nulla, cedere alla tentazione della vanità che emerge da ogni comunicazione, da ogni racconto, da ogni immagine. Al fine di recuperare autenticità, è necessario abbandonare rischiosamente la logica e ripercorrere emotivamente le certezze che puntellano la nostra biografia. Emergeranno, dalla distanza del tempo, le immagini care, gli alfabeti dell'infanzia, lo stupore e il dolore in forme appena riconoscibili, nelle sfumature o nei contrasti dell'emozione ritrovata. Se mischiare queste carte, formulando un catalogo interiore quasi incomunicabile, è un modo per ritrovare e giustificare una memoria individuale, sarà forse possibile tentare la stessa operazione per il recupero di una memoria collettiva.
Logogrifo 1970 di Ezio Gribaudo è un'archeologia emotiva della storia Italiana. La campagna e le innovazioni tecnologiche, la Chiesa e i salotti borghesi, cittadine di provincia e parchi incontaminati, la scrittura sacra e l'urlo delle avanguardie sono sorpresi nello scorrere confuso di fotogrammi cinematografici. Lo sforzo di memoria indugia commosso sui momenti dell'immagine e della parola come se queste ultime stessero scivolando inevitabilmente nel vortice dell'oblio. Ciò che dice il tempo, in questo modo, è la dorata vitalità del ricordo, il vociare indistinto e toccante di un'epoca.



                                                                                                              Ivan Fassio