mercoledì 30 maggio 2012

Comunicare un’Idea, Commerciare un Concetto. Strategie Economiche del Pensiero


Johan & Levi, 2012

Uno studio scrupoloso e suggestivo ricostruisce il rapporto tra Arte Concettuale e mercato contemporaneo. E scova corrispondenze tra i metodi di produzione artistica e i processi comunicativi della pubblicità

Seth Siegelaub, gallerista bizzarro ed eclettico, sosteneva, negli anni Sessanta, la nascita e la diffusione dell’Arte Concettuale con metodi di promozione assolutamente eterodossi. Pubblicizzava gli artisti emergenti attraverso un business mirato e innovativo, con azioni diplomatiche e una rinnovata attenzione alla comunicazione dei contenuti. Utilizzando l’infrastruttura della pubblicità come medium, Siegelaub metteva in discussione i tradizionali confini della produzione artistica del suo tempo. Stava preparando, attraverso l’assimilazione di particolari metodi finanziari e propagandistici, l’entrata in scena di un nuovo catalizzatore: il curatore freelance.
L’Arte Concettuale, a livello contenutistico, si affrancava da ogni intenzione tecnicistica e materialistica. Il percorso dell'idea, la riflessione filosofica, la precisazione delle coordinate di percezione, la presentazione del processo di formazione del pensiero e l'azione linguistica venivano posti in primo piano rispetto al prodotto finale, percettibile, estetico. Pura esemplificazione fisica del linguaggio, l’arte rifiutava – almeno nelle intenzioni originarie – ogni mediazione con i tradizionali metodi di fruizione e di commercializzazione.
Alexander Alberro traccia, nel suo volume Arte Concettuale e Strategie Pubblicitarie edito da Johan & Levi, una panoramica su eventi ed operazioni spettacolari e commerciali, sulle esposizioni e sulle opere seminali di quegli anni. Attraverso un’analisi di intenzioni e poetiche degli artisti Carl Andre, Robert Barry, Joseph Kosuth, Sol LeWitt, Dan Graham e Lawrence Weiner, l’autore inserisce l’Arte Concettuale nel contesto della ribellione alle istituzioni tradizionali e del rifiuto programmatico della globalizzazione. Dalla sua trattazione, tuttavia, si profila un’ulteriore prospettiva. I propositi dell’arte concettuale sarebbero stati non tanto il rifiuto e la successiva abolizione del mercato, quanto la conquista e la rielaborazione dello stesso attraverso una rivoluzione di fondo. Questo mutamento interno si sarebbe basato sulla condivisione e sulla propagazione dell’approccio estetico, e sulla nuova concezione delle idee alla base dell’esperienza di fruizione artistica.
Ogni informazione visiva doveva essere considerata soltanto come il residuo di un’attività. Le scelte estetiche erano abolite, in quanto l’idea generatrice diventava la macchina produttrice dell’arte. Il prodotto finale, trattandosi di un’esperienza di percorso o di un approdo logico di pensiero, non poteva essere giudicato o criticato secondo metodi tradizionali. In questo senso, l’approccio del curatore Seth Siegelaub si rivelava come un preciso ed invisibile bilanciatore delle personalità e delle progettualità implicate nel processo di diffusione del movimento. Fondando la Seth Siegelaub Contemporary Art a New York nel 1964, il giovane gallerista, appena ventitreenne, iniziava a rapportarsi con il concetto di ambiente e con azioni avanguardistiche, stringendo un forte sodalizio, nel frattempo, con giornali e altri media. Con una mostra di Arni Hendin, allestita alla fine dello stesso anno, Siegelaub inaugurava la stagione degli happenings e delle riflessioni sulle implicazioni delle relazioni sociali nel mondo dell’arte. Nel 1966, chiusa la galleria, si avvicinava, in qualità di mercante d’arte e divulgatore, ai processi pubblicitari, e iniziava a riflettere sulla possibilità di diffondere le modalità strutturali delle opere concettuali. Con l’acuto scopo di iniziare a vendere idee, fondava la Image Art Programs for Industry Inc. per arricchire culturalmente aziende e prodotti commerciali. L’intento era quello di conferire un valore aggiunto agli acquirenti interessati a promuovere una particolare attività economica.
La mostra di Douglas Huebler, November 1968, proponeva, in questo senso, delle sculture cartografiche che rimuovevano ogni valore aneddotico e dissolvevano le tradizionali convenzioni gerarchiche di luogo e durata. Huebler, inizialmente, aveva pensato di produrre delle opere site specific da esporre in diverse città degli Stati Uniti e di basare l’evento sulla produzione di documentazione. In realtà, grazie al supporto di Siegelaub, Huebler stava creando la prima mostra ad utilizzare il catalogo come unico supporto materiale. Questo sforzo artistico era volto a distruggere il mistero della struttura compositiva e a smantellare il mito dell’esperienza estetica privilegiata, in favore di una dottrina basata sull’interazione e sull’accesso egualitario. Anche il ruolo del collezionista veniva riscritto: da acquirente di oggetti a mecenate sostenitore di idee e progetti evanescenti. A questo scopo, Seth Siegelaub aveva redatto l’Artist’s Reserved Rights Transfer and Sale Agreement. Il contratto limitava il potere di galleristi e musei a favore dei diritti dell’artista ma, contraddittoriamente, sanciva il definitivo accomodamento tra arte concettuale e mercato contemporaneo.

Ivan Fassio

Alexander Alberro
Arte Concettuale e Strategie Pubblicitarie
Johan & Levi editore
COLLANA: Saggistica: Arte / Economia 2011
ISBN: 9788860100665
22,00 €
Formato: 15x21
Pagine: 208






lunedì 28 maggio 2012

La Mostra Personale “Vaffanculo” di Ugo Nespolo, presso la Galleria dello Studio Fornaresio


U. Nespolo, Vaffanculo, Studio Fornaresio
La mostra propone, oltre a carte e soft paintings, l’ultima collaborazione dell’editore Gianni Fornaresio con l’artista: due cartelle riproducenti la serie di quadri Vaffanculo




Lo Studio Fornaresio ha riaperto la propria stagione espostitiva giovedì 17 maggio 2012, con una personale di Ugo Nespolo. La mostra propone, oltre a carte e soft paintings, l’ultima collaborazione dell’editore Gianni Fornaresio con l’artista: due cartelle (una di medio ed una di piccolo formato) riproducenti la serie di quadri Vaffanculo.
Nespolo ha inteso la provocazione del titolo come un gesto “liberatorio”, sdrammatizzante, ironico. L'intenzione è quella di far riflettere, sorridendo, su una forma di aderenza alla vita reale.
Occorre, dal punto di vista tecnico, soffermarsi sulla scelta dei colori, che nell’opera grafica è pensata e calcolata minuziosamente e che in queste cartelle è frutto di diverse prove ed abbinamenti. Ugo Nespolo è conosciuto come artista che ama lavorare con gli altri e circondarsi di preziosi collaboratori. È stato lui stesso, in più occasioni, a sostenere che l’unione delle competenze determina la riuscita dell’opera finale. Ha, per questo motivo, affidato a Fornaresio l'esclusiva delle opere grafiche e delle sue carte. Insieme scelgono e valutano le modalità di realizzazione dei multipli. Questo lavoro positivo, luminoso, rispecchia sicuramente, sulla scia di un'impronta stilistica originale, il gusto e il lavoro dell'artista torinese.
Gianni Fornaresio, da trent'anni editore di opere grafiche, ha sempre cercato di presentare il ‘valore aggiunto’ degli artisti con cui ha lavorato ed opera. Concentrato nel pianificare le produzioni e nel curarne la promozione e la distribuzione, è impegnato nella tutela del valore delle opere grafiche. Riabilitare e rivalutare la grafica è, in questo senso, lo scopo di Nespolo e di Fornaresio. Diffondere il messagio degli artisti in un modo assimilabile all'efficacia dei pezzi unici resta un valido mezzo per rendere l'arte fruibile a tutti coloro che la apprezzano e che desiderano possedere un'opera d'autore.
Le opere erano state esposte, la prima volta, nel mese di febbraio, presso la galleria Allegretti Arte Contemporanea. Inevitabilmente, avevano destato un coro di critiche e una serie di interventi nel mondo dell'arte. Nespolo aveva sostenuto, in quell'occasione, che l’ultima vera provocazione della contemporaneità era stata La Fountaine di Marcel Duchamp. Oggi mancherebbero parametri di giudizio, proprio a partire dall'assunto - assolutamente frainteso - duchampiano per cui la "selezione” di un oggetto da parte di un "artista” è automaticamente arte. Dopo essersi per anni limitato a osservare la stanca eredità lasciataci dal Postmoderno, l'artista torinese aveva cercato di rispondere, nella propria provocazione, all'incertezza e all'impossibilità di creare del presente.

Ivan Fassio


STUDIO FORNARESIO
Via Le Chiuse, 1/a - 10144  -  Torino

mercoledì 16 maggio 2012

Itinerario Estetico. Un'antologia à rebours per la filosofia dell'arte di Gillo Dorfles


Gillo Dorfles, photo by Piero Raffaelli, Ed. Compositori

L'Estetica è viaggio interdisciplinare all'interno delle scienze umane. Una raccolta di saggi dell'artista filosofo attraversa storia, cultura e arte del Novecento


Un Itinerario Estetico di Gillo Dorfles era già stato pubblicato, per la prima volta, nel 1989. Si trattava di una serie di articoli filosofici e di ampio respiro umanistico pubblicati su riviste di settore: Aut Aut, Rivista di Estetica, Archivio di Filosofia. La presente raccolta conserva il titolo della pubblicazione di allora, ma comprende, oltre agli articoli originali, materiali tratti dal volume Estetica del Mito e una serie di collaborazioni con altri periodici di estetica e arte. Il testo è curato da Luca Cesari, editore interessato ai rapporti tra letteratura e filosofia, tra pensiero artistico e teoria della critica. Nelle intenzioni del curatore, la raccolta si pone come privilegiata testimonianza del pensiero di Dorfles. Del suo approccio teorico il volume propone, infatti, una “lettura a ritroso” per percorrere i temi iniziali e le idee primordiali di un pensiero interdisciplinare. La volontà di accostare questi testi in una nuova pubblicazione scandisce le tappe del “divenire” di una speculazione trasversale che proprio delle istanze di cambiamento e trasformazione si era nutrita durante il passare degli anni.
L'estetica è avvicinata come filosofia dell'arte da sviluppare non solo all'interno del proprio campo d'azione tradizionale, ma nell'orizzonte complesso di tutte le scienze umane: semiotica, critica letteraria, psicanalisi e antropologia. In questo senso, l'approccio di Dorfles alla fruizione dell'opera d'arte si accosta alle categorie di sentimento e emozione. Affinché possano differenziarsi da un discorso scientifico e razionale, la lettura e l'analisi dell'opera non devono confrontarsi soltanto con gli aspetti cognitivi e concettuali. Saranno prese in considerazione tutte le risposte emozionali, irrazionali e psicologiche fondamentali per la percezione estetica.
Nella ricerca delle ragioni primordiali di simboli e miti, si analizza la possibilità di un'ermeneutica dell'arte non figurativa medievale e moderna, stabilendo dei contatti sovrastorici tra forme d'arte che esulano dalla rappresentatività naturalistica. In questa prospettiva, sono valutate le testimonianze e le intenzioni poetiche di artisti contemporanei. Jean Dubuffet realizza, nella propria produzione pittorica, una sorta di mimesi con la nascita e la comparsa della vita. Nella consapevolezza che l'opera d'arte contemporanea, a differenza delle esperienze antiche e medievali, sia sempre proiezione di materiale inconscio, Franz Kline assume una poetica del dono e vede la più alta realizzazione artistica nel dispendio e non più nella condivisione di conoscenza. Allo stesso modo, Emilio Vedova pone l'accento sulla validità del libero linguaggio astratto come unica soluzione alle necessità espressive del contemporaneo. Alan Davie, pittore e musicista scozzese, insistendo sul ruolo profetico di un artista veggente, si avvicina alla concezione di Jackson Pollock: il quadro ha una propria esistenza, irriducibile ad ogni data interpretazione storicistica. Alcuni segni, che riappaiono in questi artisti dopo essere già comparsi in epoche lontane, sono considerati da Gillo Dorfles come Gestalten, strutture legate alla fisiologia stessa dell'esistenza umana.
La riflessione su simbolismo e mitologia si intreccia alla dialettica tra natura e artificio. L'attività estetica, nel movimento creativo gioco – mito – rito, si lega indissolubilmente all'esperienza ludica. Teatro e arte figurativa, a partire dalla metà del Novecento, esprimono un ritorno alla percezione vitale a discapito della produzione artificiale di opere. In questo senso, l'autore cita la body art di Joan Jonas che, partendo dalla scultura, approda a forme di espressione performativa e di video art, e di Trisha Brown che, attraverso una riflessione interdisplinare su danza, spettacolo e arte figurativa, giunge a una inedita modalità di ridefinizione dello spazio. Il bisogno di ritornare alla naturalità e alla valorizzazione del proprio corpo è analizzata attraverso le performance del cosiddetto “Azionismo Viennese” di Hermann Nitsch e Rudolf Schwarzkogler o attraverso le esperienze più recenti delle deformazioni fisiognomiche di Orlan.
Itinerario Estetico è una pubblicazione dai contenuti indispensabili per chi voglia avvicinarsi alle teorie artistiche dell'ultimo secolo. Arricchito da un'esaustiva intervista rilasciata nel 2001 da Dorfles all'allievo Aldo Colonetti, il volume offre spunti interessanti agli appassionati di arte e letteratura e, in generale, ai cultori della semiotica e della psicanalisi. Attraversando sapientemente i diversi aspetti delle scienze umane occidentali, l'autore delinea un tracciato attraverso il divenire di simboli e metafore, e individua, nell'accezione di Rudolf Arnheim, delle forme originarie, pre-storiche.
I miti sono riletti alla luce della loro multivocità, all'interno della quale giocano un ruolo primario sia il logos, la parola – intesa, comunque, nel proprio valore di ineffabilità –, sia rumori, oggetti, note musicali, immagini. Proprio come nei Merzbilder di Kurt Schwitters: precisi strumenti espressivi che, a somiglianza del mito, impastano nel racconto principale elementi desunti da ognuno dei cinque sensi.


Ivan Fassio, courtesy Exibart


Gillo Dorfles (a cura di Luca Cesari)
Itinerario estetico. Simbolo mito metafora
Collana Estetica senza monopoli. Pensatori del secondo Novecento ed estetiche comparate
Editrice Compositori, 2011
pagg. 439
Euro 35

domenica 6 maggio 2012

Il ritratto di Melanie. Per una comprensione del percorso artistico del giovane Egon Schiele


Egon Schiele, Melanie Schiele, litografia, 1906
Un'opera postuma realizzata dall'editore austriaco Sedler per un'importante mostra allestita in Giappone nel 1990. Visitabile tra le opere dello Studio Fornaresio, a Torino


Tra il 1905 e il 1906 Egon Schiele iniziò a dipingere. Nato nel 1890 nella stazione ferroviaria di Tulln, una cittadina a ovest di Vienna, Schiele visse un'infanzia difficile. Il padre, Adolf, fu costretto ad abbandonare il lavoro di capostazione a causa di disturbi psichici. Alla sua morte, nel 1905, la tutela di Egon fu assunta dal ricco padrino Leopold Czihaczek.
I disegni che il giovane Schiele presentò in quell'anno alla Kunstgewerbeschule vennero giudicati così positivamente che gli venne consigliato di iscriversi all’ Accademia di Belle Arti. Dopo l'ingresso all'Accademia nel 1906, il rapporto con la madre si deteriorò: Marie Schiele non si sentiva sufficientemente sostenuta dal figlio. Soltanto il legame di Egon con la sorella maggiore Melanie continuò ad essere intenso.
Proprio del 1906 è la litografia che possiamo osservare presso Studio Fornaresio. Acquisita nel 2005 insieme ad altre cartelle di Egon von Schiele, questa magnifica opera postuma era stata realizzata dall'editore austriaco Sedler per un'importante mostra oganizzata ed allestita in Giappone nel 1990. Si tratta di un ritratto della sorella Melanie, che, negli anni della giovinezza, posò spesso per il fratello. Risultato dei corsi di disegno del professor Christian Griepenkerl, che Schiele seguì in quegli anni, l'opera mostra un impianto classicista. Si scorge, tuttavia, al di là dell'approccio tradizionale, la lezione di Gustav Klimt, che Egon sognava, proprio in quegli anni, di incontrare.
Griepenkerl (1839-1916) fu, al contrario, un insegnante estremamente conservatore, noto come ritrattista e autore di affreschi e dipinti di ispirazione storica. Richiedeva ai propri studenti il perfetto dominio sulla tecnica, sottovalutando l'apporto di invenzione e creatività personali. I suoi rapporti con il giovane artista furono pessimi. Pare abbia esclamato, davanti alle prime opere di Schiele: “Per carità! Non dica mai a nessuno di essere stato mio allievo”.

Ivan Fassio

STUDIO FORNARESIO
Via Le Chiuse, 1/a
10144   Torino


giovedì 3 maggio 2012

futur antérieur. charles et les cristaux liquides



Jean Paul Charles, 2012

La memoria costruisce il nostro tempo come un passato puro. Imperscrutabile, e intrappolato nelle strettoie di unità millesimali e parcellizzate, il presente è ricreato ad ogni istante. Se un’immagine, un’idea, un’azione non fossero, quasi immediatamente, presenti e passate, il presente non passerebbe mai. Senza questa incompiutezza del contemporaneo, l’estasi dell’eternità ci accoglierebbe, facendoci varcare la soglia della fine dei tempi e rendendo superfluo ogni nostro tentativo di comunicazione.
Da questo imperfetto impasto temporale, Jean Paul Charles estrapola i lineamenti del proprio mondo. Attuale è l’intervento pittorico, che invade lo spazio sociale e interferisce sui tradizionali mezzi di comunicazione: cartelloni pubblicitari, social networks, immagini dai mass media.
Le radiografie constatano una malattia collettiva e prescrivono la necessità di guardare oltre. Sono estensioni di un mondo contaminato e, allo stesso tempo, generatrici di un’estetica propria: strumenti e risultati di un'identica visione.
Istintiva e gestuale, la pittura esplora l’istante, testimonia l’azione estemporanea di una sensibilità violata. Movimento informe e sofferto, l'atto insegue la figura come destinazione di un messaggio precario: la preghiera.
A partire da questo odierno, sondato nel suo scorrere, muove la ricerca verso il futuro. L'elaborazione digitale e il lavoro di scavo sui cristalli liquidi rintracciano nella tecnologia i pretesti per un'indagine su ogni ulteriore tentativo di resa immediata dell'esperienza. Tutto è giustificato. La soluzione finale è irrimediabilmente rimandata. Nel futuro anteriore di ogni definizione, sempre ad un passo dalla decisione irrevocabile, un nuovo dominio è fondato, in cui esiti e residui di ogni prova tendono ad un comune limite e conquistano lo stesso valore.
Ciò che verrà prima della fine dei tempi, sarà sempre la misteriosa e tremenda insistenza della vita all'interno delle dinamiche del progresso. L'opera, attraverso l'intervento dell'artista, verrà partorita con dolore dalla macchina che la teneva imprigionata. Maieutica delle sensazioni, l'operazione di Jean Paul Charles riporterà alla luce l'enigma dell'esistenza da un mondo meccanicizzato e alienante. Un'indecifrabile dimensione sembrerà scaturire dall'insistente lavoro di lima sul segno e sul colore. Un'ombra e una speranza di rigenerazione si staglieranno dietro ai contorni di ogni possibile immagine.

Ivan Fassio


Jean Paul Charles, 2012



Mostra Personale di Jean Paul Charles

futur antérieur. charles et les cristaux liquides

a cura di ivan fassio



Dal 18 Maggio al 30 Giugno 2012
Orario: tutti i giorni, dalle 21 alle 23,30
Circolo Arci Sud
Via Principe Tommaso, 18/bis
Torino
ingresso riservato ai soci Arci


Inaugurazione Venerdì 18 Maggio 2012, a partire dalle 21,30
Live Painting by Jean Paul Charles
Presentazione del libro “Fuori fuoco” di Ivan Fassio, Edizioni Smasher
Musiche originali di Diego Razza (chitarra, tastiere, sintetizzatore)