su “Fabbrica” di Marco Memeo
La soluzione bagna la riva, lava la traccia di un percorso a ritroso. Ripartiti dai ricordi, abbiamo fallito nel tentativo di approdare alle sensazioni che li avevano generati... Ritroviamo, a malapena, il desiderio nostalgico di abitare il mondo e di abbandonare il divario che frequentiamo nei momenti della creazione. La nostra chiaroveggenza è tragedia, crollo insanabile che si infrange e ritira ad ondate, come una marea. Il nostro catalogo, incompiuto e imperfetto, è tentativo imbarazzante di forzare l'esistenza, di schiudere un mistero.
Abbiamo creato ciò che già conoscevamo! Nonostante tutto, la nostra vita appare in nuova luce. Le parole, sebbene rare, si riuniscono confusamente e testimoniano un rinato approccio al loro senso – che non avremmo più ascoltato –, rinominano interi periodi del viaggio – che avremmo dimenticato di compiere –, creano una polifonia di incontri – che non avremmo mai immaginato –. Un florilegio di brani composti da diversi personaggi, dagli stranieri che convivono nella nostra coscienza: nessuna spiegazione per chi attraccherà a questi moli, soltanto dissolvenze per sprigionare il tempo di una possibile interpretazione. I simulacri restituiranno la città disabitata, la donna sola nella sua distanza, uno scorcio fissato da uno sguardo assente, qualche scaltro furto alle nostre sensazioni. Non nel marmo, non nel fuoco – nell'incedere frangente delle onde, il calco libererà un'impronta!
Ivan Fassio
Marco Memeo, Fabbrica, acquerello su carta |
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