lunedì 23 settembre 2013

Malinconia e Catastrofe

su "Senza Titolo", di Enzo Gagliardino

Ai margini di ogni rappresentazione stabile – immagine o testo –, la malinconia fievolmente intona un suo canto. Tutto è vuoto, ogni sforzo è stato vano. Il mondo giace freddo: le sue strutture smarrite si involano verso un cielo gonfio, appesantito.
Il presentimento della catastrofe di ogni progresso, da sempre, ha abitato questo angolo della mente, questa porzione estranea della coscienza. Da sempre, qui, ciò che avevamo auspicato non si è mai avverato. L'esistenza appare, di conseguenza, come un vuoto contenitore. La Storia s'impone come un cieco meccanismo, che continua a significare, incessantemente, crudelmente. I tasselli della cultura e della tradizione, un tempo condivisi, hanno eretto le mura di una conoscenza astratta, tenuta a difendere, almeno nelle apparenze, una città devastata nel suo interno.
Fare luce sui confini della nostra percezione, sulle zone d’ombra del nostro essere, è stato da sempre compito dell'Arte, in un gioco spesso pericoloso, dissoluto: in uno scavo continuo che diventa vizio, perché va ad assillare, intimamente, le categorie del nostro pensare e del nostro sentire – la nostra abitudine.


Ivan Fassio


Enzo Gagliardino, Senza Titolo

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