su La Sirena, di Marco
Seveso
Contemplare il mio
aspetto, dall'alto dei miei occhi, e farmi specchio di me stesso,
chinando il capo verso terra, scendendo fino ai piedi. Prendere
coscienza di non possedermi mai, ma di riformularmi autenticamente:
un tutt'uno fisico, simbolico e mentale. Abolire ogni speculazione ed
affidarmi ai sensi e al flusso dei pensieri, presentandomi alle
moltitudini che dimorano in me, salutando soddisfatto le infinite e
continue possibilità di cambiamento, vedendomi divenire alterità:
mutante meccanismo di significazione.
Per entrare in questo
circolo vizioso, soltanto un sogno poteva estraniarmi così tanto.
Sconosciuto a me stesso, nel sonno, germogliavo bulbi dalla cornea,
viravo imbarcazioni sulla bile, applicavo una sirena assordante sul
mio tatto. Appendendo tre gocce di rugiada alle mie orecchie,
stappando la materia cerebrale dall'imboccatura del torace,
obbligandomi a nuotare in una vasca troppo stretta, mi immergevo nel
mio corpo e, come un pesce fuor dall'acqua, dilatavo incredulo le
branchie, nell'affannosa ricerca del mio sangue...
Ivan Fassio
Marco Seveso, La Sirena, olio su tela, 2003 |
:-) interesting!
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