su "Interferenze", di Carlo D'Oria
La scultura può coincidere con la superficie, nel dominio dei sensi. Rincorrere una sinestesia, dallo schermo della nostra percezione, può portarci a ignorare la compiutezza della realizzazione e a coinvolgere agenti diversi, ad attivare funzioni di dialogo e condivisione addirittura in noi stessi.
Un'illusione sostiene l'opera: la creazione di un miraggio collettivo che garantisce la visione. Nonostante tutto, il suo alone di significati continua indifferentemente ad agire. Inseguendo una meta di disvelamento, l'artista può sottolinearne le strutture – rendendole pesanti o alleggerendole - e amplificando la radice dell'apparenza.
Il fascino della comunicazione emerge, allora, dall'intercambiabilità delle soluzioni. Il sistema si muove come una macchina, ma gli ingranaggi non sono funzionanti. La produzione di senso è attivata dall'esterno, a motore spento. Siamo noi ad avviarci per la strada della comprensione: la meccanica della rete è al nostro interno.
Ivan Fassio
Carlo D'Oria, Interferenze |
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