Dar Luce alla Luce
Il relitto trascinato da
corrente
È fiume e altro e niente:
Effetto spaziale, assimilato
Flusso.
Viviamo: inabissati in parte
Come artistiche dispersioni
Residuali.
Abbiamo
Oggetti elevati in dimensioni
Di superficie, forma e figurazione:
Specificità tattili, percezioni duali,
Linguistici concettuali,
Sensitivi tutti.
Dove piste, facce, letti,
Piogge, macchie, liste
Si amalgamano e staccano
Covano e schiudono,
Appariamo noi in prospettiva:
Illuminati estranei
Scissi tastieristi d'organi
Universali
Confezioni di energie
Avanzati pasti in lampadina
Candele per utili decomposizioni
Rimasti resti di soluzioni labili
Involucri gracili.
Effetto spaziale, assimilato
Flusso.
Viviamo: inabissati in parte
Come artistiche dispersioni
Residuali.
Abbiamo
Oggetti elevati in dimensioni
Di superficie, forma e figurazione:
Specificità tattili, percezioni duali,
Linguistici concettuali,
Sensitivi tutti.
Dove piste, facce, letti,
Piogge, macchie, liste
Si amalgamano e staccano
Covano e schiudono,
Appariamo noi in prospettiva:
Illuminati estranei
Scissi tastieristi d'organi
Universali
Confezioni di energie
Avanzati pasti in lampadina
Candele per utili decomposizioni
Rimasti resti di soluzioni labili
Involucri gracili.
i.f.
Catturare,
allo stesso tempo, il soggetto e il suo travaglio: gli accenni di
tutto il tempo passato e il mistero della nascita, l'enigma del
divenire. È il compito del ritrattista, la battaglia dell'artista.
La pratica estetica,
continuamente, fa immagini: nella scrittura, nella musica, nella
pittura. Questa creazione non ha nulla a che fare con fantasia o
ricordi, con determinazioni necessariamente sensibili. Al contrario,
la figura può essere intesa e percepita nella nudità di un
concetto, nel sentore di una predizione, nella purezza di un
contenuto, nel funzionamento di una formula: è la rappresentazione
che rimane impressa nelle profondità encefaliche, che solca il
nostro inconscio. La fotografia, in quanto trascrizione della luce,
ci dà sempre a priori un'illusione di verità, richiedendoci una
sospensione dell'incredulità. Sebbene non possa essere definita in
termini di verosimiglianza, poiché ogni scatto presuppone una scelta
di inquadrature e sottintende un punto di vista, essa richiede un
assenso preventivo. I dipinti, nel corso del secolo, ne hanno
succhiato l'illuminazione, assimilato la definizione.
Scritture
scintillanti, somiglianti a materia clorofilliana, le pitture
di Paolo Lupo in arte Demian sono struttura e contorno, in cui la figura,
illuminata, garantisce un posto ad ogni colore. Tratti curvi, morbidi
o violenti, introducono uno stampo di matrice tattile, la percezione
dei polpastrelli su una foglia sensibile... Da una parte, queste
linee contengono modalità e funzionalità differenti e stranianti
del colore, dall'altra, si elevano allo stato di elementi autonomi,
superfici, volumi delimitanti: sono involucri, scatole, masse
corporee. Il tratto trattenuto insiste ossessivamente sull'inganno
percettivo dell'apparenza umana. I rapporti cromatici, arbitrari,
eccedono sul versante espressivo, includendo l'emozione nell'area
della tela.
Come
un relitto trascinato da un fiume bianco, tra gorghi e scogliere, lo
spazio restringe e trattiene l'espansione illimitata delle tinte, in
modo tale che questa risulti sospinta o accelerata, sommersa o
recuperata. Lo sfondo è paragonabile a una campitura omogenea e
fluida nella sua unità. In primo piano, i segni ignorano ogni
geometricità: il quadro diviene aereo, e tenta il raggiungimento di
un massimo di luce fissata nell'eternità di un tempo e di uno spazio
monocromi: cromotopìa, cromocronìa... Il contorno, così, non è
quello della Figura, ma trova la dimensione di elemento autonomo,
determinato dall'impressione estraniata di ogni fenomeno. La dea che
ammiriamo, di volta in volta, giustifica il distacco graduale da ogni
immanenza, in produzione seriale di umane formulazione, in processo
continuo di liberazione. È il colore a fornire luminosità:
maieutica della luce in un percorso di intuizioni progressive, in cui
lo stile è generato dalla coscienza della finitezza della nostra
consueta percezione.
Ivan
Fassio
"Katy" 70 x 100 (Matita, inchiostri, Acquerello su carta) 2013 Paolo Lupo |