Nelle parole di Ennio
Onnis
L'arte e la poesia abitano un
interstizio encefalico, uno spazio della corteccia, in cui la tela
della rappresentazione è costantemente lacerata. Ciò non significa
che le situazioni non si formulino, che le storie non si producano,
che le scenografie non si arredino. Al contrario, quel divario lascia
trapelare concretamente ogni effigie, come se fosse condensata dal
respiro dell'autore, forgiata dalle fauci infuocate della storia o
liberata da una coscienza vacillante.
La risoluzione delle immagini si impone
nitidamente, come a seguito di un devastante colpo, di un atto di
violenza rivelata, di uno smascheramento sacrificale. I tempi sono
tragici: la parola li ascolta e inscena.
Come ignorata da ogni altro dominio
della realtà, la fine imminente è qui colta ed esorcizzata,
schernita e oggettivata, simbolizzata. Nella nave del mondo, pesante
di vita e alleggerita dalle forze gravitazionali, ci dibattiamo
inermi e colpevoli: la pietà è morta, strangolata dalle nostre
stesse mani, invalidata dall'impalpabile mostro globale che abbiamo
generato.
I numeri, logiche fondamenta, non
obbediscono ad alcuna regola: dal terrore economico tutte le certezze
sono sgretolate. Allo stesso modo, ogni processo razionale è
bloccato sul baratro in una statica e perturbante vertigine.
La quotidianità ritorna nei nostri
pensieri sotto forma di risata straniante, di guizzo scanzonato, a
riportare una pace sospesa, ironica e liberatoria. È una distrazione
necessaria, talvolta involontaria, che si oppone alla maledizione
del presente.
Dall'artificiale stato in cui viviamo,
la realtà è mutata in divoratrice d'esistenze: attraversiamo
trasfigurazioni mistiche durante il nostro viaggio siderale,
evaporazioni e sublimazioni animose e animali.
Il fiato della coscienza è
danneggiato, in ogni dove. Ennio Onnis ne è consapevole: ha
inventato il luogo in cui attingere l'autentica adesione tra concetto
e concrezione, il contratto fondatore che unisce spirito e carne.
Mistero tremendo e fascinoso, in equilibrio tra filosofia e
religione, la macchina che ci macina deve essere scomposta in qualche
area della mente, affinché la notizia dello smantellamento ideale
giunga agli altri uomini. La pala del mulino gira lenta, inesorabile,
alla periferia di un'ipnotica città: discarica o archivio di
tecnologie sempre più residuali. Noi siamo pronti a batterci,
cavallerescamente, con immaginazione, invenzione e inedite
fabbricazioni cerebrali...
Ivan Fassio
Ennio Onnis, Città |
Nessun commento:
Posta un commento