venerdì 6 dicembre 2013

Storia e Sintassi di un Linguaggio Ecumenico


Memoria minuitur nisi eam exerceas
(Cicerone, De Senectute)

Sallustio inizia il suo De Catilinae Coniuratione con la descrizione di Catilina, aristocratico corrotto. La sua figura è contestualizzata sullo sfondo della decadenza dei costumi romani, dovuta all'accrescersi dell'ambitio, volontà di potere, e dell'avaritia, desiderio sfrenato di ricchezza. Definendo come archaeologia il proprio metodo di indagine del passato come giustificazione del presente, lo storico propone un dettato personale, composto attraverso una narrazione tutt'altro che lineare. L'autore inserisce, in questo senso, una digressione storica per motivare le cause della decadenza: illustra il passaggio dalla felice condizione delle origini di Roma alla dissoluzione dei tempi contemporanei. Insiste su una serie di considerazioni ideologiche: l'uomo, costituito da anima e corpo, deve coltivare le proprie qualità spirituali per ottenere una gloria vera ed eterna.
Cicerone, nella quarta orazione Catilinaria, era, allo stesso modo, cosciente di aver intrapreso contro dei cittadini corrotti un conflitto che non avrebbe avuto fine. L'aiuto di tutti gli onesti, tuttavia, e il ricordo di pericoli così gravi l'avrebbero difeso dalla furia della battaglia.
Sia lo storiografo sia l'oratore ricorrono al passato e alla memoria per difendere retoricamente particolari convinzioni, per dimostrare la legittimità e l'efficacia di un'azione da compiere. Ripresi nel Medioevo per i contenuti etici e in età umanistica per il pessimismo moralistico, entrambi insistono sull'indispensabile ricorso a processi mnemonici all'interno dei meccanismi della conoscenza.
Ezio Gribaudo allestisce la rappresentazione di un passaggio di tempo millenario in un'esposizione frammentaria, un'emersione di coincidenze, un affiorare di connessioni tematiche. La facoltà di ricordare è la struttura sulla quale si regge l'orizzonte di ogni legame plausibile. Casualità e razionalità coincidono, perché in uno scavo archeologico ogni ritrovamento è possibile. Sulla scena di questo teatro edificante, ideato attraverso l'istinto di ricerca del bibliofilo e l'intuizione dell'iconografo, la retorica e la memoria si intrecciano. Storia e linguaggio si avvolgono in un tessuto ecumenico. Protetta da un mantello universale, l'opera si carica di un messaggio tanto secolare quanto mistico. L'idea originaria scintilla nelle stratificazioni enigmatiche di un idioma che si tramanda.
Colonne stampate, carte sparse, didascalie e titoli si sovrappongono a tuniche, a maniche, a copricapi. La parola è l'abito. Dell'uomo rimane soltanto l'atto retorico, la prossemica, la fede incondizionata nella comunicazione. Le mani si fanno avanti, in una lettura che non mostra più gli occhi, ma soltanto il proprio oggetto.
Sullo sfondo, i messaggeri di una conquista emanano i loro editti, diffondono una legge, riconoscono congiure e tradimenti, condannano decadenza dei costumi e degrado sociale. Il progresso che propongono è senza volto, assoluto, adattabile e intercambiabile. Il loro incedere rappresenta la gloriosa incommensurabilità delle idee di infinito ed eternità, la fortuna della scrittura e la conseguente inevitabilità di una narrazione parziale e incompiuta, tanto incompleta quanto umana.

Ivan Fassio

Ezio Gribaudo, De Coniuratione Catilinae, tecnica mista, 2012





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