mercoledì 11 dicembre 2013

In Somniis Video

di Ivan Fassio

Una variazione subentrò nello spirito del sogno – scrisse il poeta – e definì una sfumatura per il dolore, un'ombra stabile per la lotta interiore e l'inquieto abbassarsi dello sguardo di fronte all'incisa lapide degli indicibili pensieri... Ignorandoli, il soggetto vide le scene sostituite: il buio, il pavimento, la luce accecante, la chiusura delle palpebre. Osservò il niente e gli diede un nome: altro. Vergogna!
Da allora, l'individualità si confuse e ripiegò, si chiuse e fortificò. Interruppe l'azione di ogni terza persona. Permise ad ogni sensazione di appartenerle interamente. Fuori di sé, riuscì a possedere tutto. Disse mio, mi descrisse, pronunciò io. E parlò: “Vedo nel sonno l'incedere dell'animo: sulle punte, di corsa, rotolante, ingombrante, sbilanciato, fremente, compunto, imponente, accasciato, ritto, volante, addossato a me! Tutto ciò che è detto, toccato, provato, sentito, udito: è visto. Nel linguaggio fissante del passivo: è veduto dalla vista nell'oscuro della carne, riassorbito da occhi chiusi, arso parte a parte e incenerito, fossilizzato dentro ai sensi: concavo e convesso. Per questo, riverbera nei secoli: araldo dell'eterno!”


I. F.

ph. by Jean-Paul Charles

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