sabato 19 novembre 2016

PHOTOSHOT. Fotografia in Posa

PHOTOSHOT
Fotografia in posa

23-24-25 novembre 2016
dalle 17 alle 23
Doctor Sax_murazzi lato sx

a cura di Amalia de Bernardis e Ivan Fassio






Simone Mussat Sartor, Sebastiano Pellion di Persano, Ornella Rovera,
Luciano Gaglio, Roberta Toscano, Armando Riva, Silvia Vaula, AndreaRoccioletti,
Greta Bertino, Cosimo Savina, Isabella Indiesigh, Hermann Reiter, Ester Pairona, Daniele D'Antonio, Gigi Galli, Andrea Massarelli, Vincenzo Bruno,
Adriano Paltrinieri, Migi Catacchio, Rossella Ferrero, Gepe Cavallero,
Marco Lavagetto, Raffaella Dal Toso, Vanessa De Petris,
Roberto Napolitano, Enrico Carpegna, Alex Kova, Fabrizio Bertoldo

Dal 23 al 25 novembre 2016, al Doctor Sax, storico locale sul lato sinistro dei Murazzi di Torino, dove già negli anni Settanta la fucina dell'avanguardia musicale e artistica torinese elaborava commistioni e provocazioni, arriva PHOTOSHOT, libera esposizione di opere di artisti fotografi, per un'elaborazione di un grande scatto di gruppo collettivo nella Torino underground. Qui, dove le correnti sotterranee e i gruppi votati alla sperimentazione preparavano la loro ascesa sulla scena indipendente nazionale e internazionale, la mostraPHOTOSHOT Fotografia in Posa vuole far rivivere lo spirito dell'incontro, la possibilità di inedite collaborazioni, la tensione multidisciplinare che anima immagine, teatro, poesia, musica. Una foto di classe, tutti in posa e, insieme, un sorso, un assaggio di libertà: per ripetersi, modificati dal confronto, nello stesso luogo e in altri momenti e situazioni. Per aprire, puntare e fissare l'obiettivo futuro!
Un'installazione a muro di più di venti opere fotografiche di artisti di diverso stile e provenienza, per un allestimento polifonico che sarà protagonista e, allo stesso tempo, scenario di una serie di eventi artistici: lo spettacolo teatrale A.T. di Martina Manera, le voci dei poeti torinesi con RADIOBLUENOTE – Mixtape di Poesia e l'atto poetico Induzioni Interrotte a cura di Davide Bava per la serata del 25 novembre dalle 21.00.

Mise en abyme, fotografia pre-testuale per uno scatto di gruppo in un locale storico, il Doctor Sax, sulle orme delle avanguardie musicali, teatrali, visive e poetiche degli Anni Settanta e Ottanta. Una foto di classe, ricognizione generazionale, PHOTOSHOT, per mezzo dell'applicazione concreta, nel lavoro di allestimento e libera associazione sensibile e iconografica, di una serie di giochi del linguaggio, guizzi, motti di spirito, finalizzati a composizioni collettive che sembrerebbero trarre impulso dalla stessa capacità polisemica della parola shot: inquadratura, scatto, sorso, sparo e colpo.
La fotografia, fondandosi necessariamente all’interno della dialettica tra atto irripetibile e memoria, basa sulla contraddittorietà il proprio carattere di arte contemporanea per eccellenza. Mostrandoci ciò che è stato, non soltanto conserva, ma ci fa percepire la caducità di ogni istante. La vita si estingue nel momento immortalante, si congela: ne rimangono le infinite possibilità di lettura, i diversi livelli di interpretazione.
Per abitare le nostre coscienze, in questo modo, ogni creazione potrà produrre una trascendenza, attraverso il baratro significante della simulazione e della scommessa linguistica, della finzione dissimulata, del progetto iniziale svelato e riproposto con ironia, autenticità, vivacità. Nell’attesa dell’avvento di queste condizioni, l’opera si porrà come fatto ludico e teatrale, musicale e poetico, da vivere insieme sul momento, in dialogo e confronto proficuo tra tematiche, forme, contenuti riaffioranti. Salvaguardando il proprio orizzonte, svincolandosi dall’alternarsi delle stagioni, l'immagine conquisterà, tanto pazientemente quanto liberamente, il proprio spazio nella percezione di ogni futuro spettatore.
Ivan Fassio + Amalia de Bernardis

Simone Mussat Sartor per PHOTOSHOT




venerdì 21 ottobre 2016

0.0_dialogo sulla fotografia contemporanea

a cura di amalia de bernardis + ivan fassio

Una Mostra con
Greta Bertino, Davide Bonaiti, Vincenzo Bruno, Fulvio Colangelo, Marco Corongi,
Marco Da Rold, Gigi Galli, Andrea Massarelli, Ester Pairona, Adriano Paltrinieri,
Hermann Reiter, Cosimo Savina, Roberta Toscano, Erminio Vanzan

GoTo Gallery
via Giorgio Bidone, 16
Torino
Inaugurazione venerdì 28 ottobre 2016 ore 18.30
fino al 10 novembre 2016
tutti i giorni dalle 12 alle 16, in altri orari su appuntamento
ingresso libero
per informazioni
3484612543 – 3382270563

La sfaccettatura è, di fatto, precisa: tagliata dal tempo ché, sicura, è diventata più lenta la mano. Se oltre si pone, o di fronte, lo scavo cercato per quel che non c'è, d'immediato, sul senso; sondare si deve, di fianco, la parte da dove, ignoto, nessuno è mai stato al presente: allora sapere è un bisogno. Così nasce la scienza. La fotografia illumina i sogni, quando sotto son scritte le ossa. Dalle arcate già rotte, che spendono cerchi di luce, allo sguardo curioso di chi morti un milione ne piange, stanno i forti a sperare preziosa la roccia. Questa, una volta spezzata, un po' prima ghiacciata, sulla cima dell'angolo, resta visione: era materia più corta, ma anima cruda, anche com'era in miniera: carbone.
i.f.


I)

Catturare, allo stesso tempo, il soggetto e il suo travaglio: gli accenni di tutto il tempo passato e il mistero della nascita, l'enigma del divenire. È il compito del ritrattista, la battaglia dell'artista.
La pratica estetica, continuamente, fa immagini: nella scrittura, nella musica, nella pittura. Questa creazione non ha nulla a che fare con fantasia o ricordi, con determinazioni necessariamente sensibili. Al contrario, la figura può essere intesa e percepita nella nudità di un concetto, nel sentore di una predizione, nella purezza di un contenuto, nel funzionamento di una formula: è la rappresentazione che rimane impressa nelle profondità encefaliche, che solca il nostro inconscio. La fotografia, in quanto trascrizione della luce, ci dà sempre a priori un'illusione di verità, richiedendoci una sospensione dell'incredulità. Sebbene non possa essere definita in termini di verosimiglianza, poiché ogni scatto presuppone una scelta di inquadrature e sottintende un punto di vista, essa richiede un assenso preventivo. I dipinti, nel corso del secolo, ne hanno succhiato l'illuminazione, assimilato la definizione.


II)

La riconoscibilità del nostro profilo è il risultato di un compromesso tra spirito e vita. Paghiamo il conto, per tanta consuetudine, ad un’economia che ci piega: percepiamo, in questo modo, ciò che conviene, inconsapevolmente. Come per un nome, la figura si fa linguaggio – ci chiamiamo attraverso i lineamenti sgrossati, utilizzando le fattezze stilizzate. Ci somigliamo definitivamente, diventiamo noi stessi e coincidiamo con le sommarie parole che ci definiscono: le nostre generalità, appunto. Ci rincorriamo nel deserto come nella fotografia, tanto nella città concreta quanto nella parcellizzazione informatica, eludendo il tremendo pericolo della scena impossibile, del gesto inconcludente, dell’irriconoscibilità del cambiamento radicale.

III)

L’opera d’arte nasce al servizio di un rituale. Tenta di scongiurare la morte e proteggere l’attimo dallo scorrere del tempo. Per abitare le nostre coscienze e per scavare nel nostro linguaggio, in questo modo, ogni creazione deve produrre una trascendenza. Nell’attesa di questo avvento, l’opera si impone come fatto spirituale: gioco, teatro, religione. Salvaguardando il proprio orizzonte dall’alternarsi delle stagioni, conquista pazientemente il proprio spazio nella percezione di ogni possibile –futuribile – spettatore.
La fotografia, nel suo fondarsi all’interno della dialettica tra atto irripetibile e memoria, basa sulla contraddittorietà il proprio carattere di arte contemporanea. Mostrandoci ciò che è stato, non soltanto conserva, ma ci fa percepire la caducità di ogni istante. La vita si estingue nel momento dello scatto, si congela: ne rimangono le infinite possibilità di lettura, i diversi livelli di interpretazione.
Dall’immagine fotografica, allo stesso modo, si libera l’incolmabile divario tra vita e eternità. Amore e morte restano le facce di una stessa moneta nella fatalità dell’atto sacrificale, nel gioco della sensualità, nel fascino o nella disarmonia del gesto teatrale.

Ivan Fassio







venerdì 14 ottobre 2016

Videoinstallazioni di Sandro Sandri. In attesa di FIATO @ Doctor Sax, 26-28 ottobre 2016



Sandro Sandri, still from video, Corpus n°1 - Parte 2


In occasione dell'imminente FIATO
 - videoinstallazioni di Sandro Sandri - azioni visive - improvvisazioni - 
dal 26 al 28 ottobre 2016
 presso il Doctror Sax, murazzi lato sx, Torino, 
riproponiamo un testo dedicato ai video di Sandro Sandri 
presentati al Doctor Sax a giugno 2016 per Corpus n°1 Parte 2

Col tempo costruiamo un moto scandito da palpiti e sussulti. Erigiamo un ritmo su imperfezioni così capillari, che una lucida e distinta percezione basterebbe a farci ricredere sulla plausibilità di ogni costruzione di pensiero. A questo modo, il mondo si distribuisce lentamente e affettivamente al nostro interno, allineandosi ad una retta giustificatoria, immaginaria nella migliore delle ipotesi. Così, nella notte dei tempi, i profeti iniziarono i loro lunghi periodi con tutte le locuzioni della lontananza. Proprio come noi, comunicativi per difetto, che oggi li celebriamo con devozione mista a disincanto: siamo tornati genitori di mancanze, nostalgie, malinconie.
Ecco che dal mestolo dell'antenato cola ancora un flusso insperato di calore, assurdo refrigerio per l'esofago di ogni condannato.
Come avevamo predetto, il creato è invece una fusione sintetica, dove la soluzione più semplice è inevitabilmente adottata: a partire dalla luce per le stelle, transitando dal magma fino alla terra, spigolo consunto di roccia, calco della carne, incubatoio delle acque.


Ivan Fassio per Sandro Sandri, Corpus n°1 Parte 2, 2016, a cura di Amalia de Bernardis + i.f.






domenica 5 aprile 2015

L'Arte e la Primavera

Una Ballata in Tre Strofe per Rossana Campo


La bellezza dell’età di giovinezza è un po' una primavera: il vento forte rovescia il verde delle foglie. Dando il dorso, queste rivelano dell’albero un lato misterioso: che pare bianco di paura... Questo percepivo nell'infanzia e, più avanti, nell'adolescenza: allora, era dura introversione, quando vivevo in piena campagna, nell'inquieta incoscienza di ragazzo...

Due settimane fa, al Caffè degli Artisti di Torino, mi s'avvicina una bambina di tre anni. Mi dice del suo sogno di strozzare il fratellino e farlo a pezzi. Mi parla della morte: si prenderà cura del cadavere condendolo col vino, un po' di zucchero, le violette del pensiero, per infornarlo, infine, a mo' di sepoltura. La cottura durerà il tempo d'un funerale, d'una processione. Il piatto, presentato in tavola tutto bruciacchiato, farà ridere! Dell'amore la bimba non racconta. Se, incuriosito, chiedo spiegazioni, fa una smorfia e si pulisce la bocca, si stizzisce. Bleah, che schifo!
I corpi, a quell'età, sembrano fatti per essere indagati, con quel misto d'interesse e repulsione: l'erotismo. I peli ed i capelli, perché li possediamo? Se ci sono già gli ombrelli e i pantaloni, sarebbe ora d'emanciparsi e farne a meno. A che cosa serve un mignolo? Quale mistero s'annida negli organi che abbiamo?
Io vago con la mente: “Da ragazzo amavo l'arte e la scrittura, ma non subivo ambienti soffocanti intorno a me: sapevo respirare, raccontare, colorare! A Torino non so stare, vorrei un evento nuovo, innocente, un'esposizione personale!”... e penso ad una mostra di dipinti creati dai bambini, intitolata “Corpi crudi, corpi cotti”, da presentare in galleria, sul valore delle pance e delle braccia, sulle case e l'abitare, sui fiori senza nome, sulle rose e sulle viole: le più riconoscibili e facili da ricordare.

Per coincidenza, il giorno dopo, Emanuela mi invia un testo su Rossana Campo. Mi ricordo, rileggendolo, che per scrivere e inventare c'è ancora chi utilizza le emozioni. C'è ancora chi si avvale di grammatiche istintive, ricavate dalla propria biologica esperienza, nativa e personale, per indicare con stupore la zona sottostante alla superficialità dell'ordinario, per immergersi nel flusso della civiltà contemporanea e ripescare dal fondale la libertà dell'uomo puro. Rossana Campo non disegna come una bambina, ricorre all'immaginario sorgivo dell'infanzia – che in sé tutto contiene: la nascita e la morte, gli incontri ed i rapporti, il timore e la speranza – per filtrare nei colori la forza di una semplice domanda: il perché dell'esistenza. Allora, prima di iniziare uno scritto su queste opere empatiche e perturbanti, ironiche e sincere, ho deciso che andrò a Genova, in una sera d'aprile, per osservarle alla Galleria Pinta, con la scusa dell'arte e del vento di primavera...



Ivan Fassio




martedì 20 gennaio 2015

P R E L U D I O A U R O R A L E

Esposizione Combinatoria a cura di Ivan Fassio
Coordinamento di Pintapiuma

Con Paola Bisio, Alessandro Cavalli, Giovanna Cavallo, Jean-Paul Charles,
Walter Di Giusto, Agnese Gem TS, Tiziana Inversi, Bartolomeo Migliore, Bruno Repetto,
Roberta Toscano, Max Valle


Inaugurazione: sabato 23 gennaio 2015, 18:00
fino al 23 febbraio
dal martedì al venerdì: 16 - 19
Galleria PINTA
Via Borgo degli Incrociati, 72 rosso
16137 Genova


Scrivo questo testo prima di essermi svegliato, nella pausa tragicomica inscenata dall'insonnia. Mi rendo conto, rileggendolo, che è banale, inattuale. Non c'è niente di vero in ciò che viviamo, tranne l'asincronia necessaria che siamo in grado di ignorare. Allo stesso modo, niente è plausibile nelle situazioni che sogniamo: magica illusione, indispensabile scissione. Appesi alla noia che dissimuliamo, attendiamo ignari. Nulla ci dobbiamo aspettare da nessuna visione. Realtà è davvero sperare, superare il fenomenico: l'insorgere fàtico dell'umore animale: dobbiamo dire.
Questo preludio aurorale è l'emersione dal limite esistenziale, dove ciò che si chiede equivarrebbe a dare, quando ciò che si chiude converrebbe aprire... Non lo sappiamo e non lo sappiamo fare... Ordiniamo da una situazione iniziale, profittatori affamati alla mensa del signore: siamo stati bene e male, siamo in una condizione da salvare. Qui ci aggrappiamo con unghie insanguinate, ad una tavola che crediamo imbandita per la nostra vita, per la nostra consuetudine appagata. Uniche meraviglie destinate alla presenza, costrette a testimoniare, in dolce affanno alla vista del mare, in trepidante e ingannatrice commozione, per il triste malanno dell'inquietudine... Quando mai i tempi cambieranno?
Quando saremo capaci d'inventare!


Ivan Fassio
Paola Bisio per Preludio Aurorale, Il Tappeto Volante

Jean-Paul Charles per Preludio Aurorale




martedì 2 dicembre 2014

Paolo Lupo alias Demian. La Figura Illuminata

Dar Luce alla Luce


Il relitto trascinato da corrente
È fiume e altro e niente:
Effetto spaziale, assimilato
Flusso.
Viviamo: inabissati in parte
Come artistiche dispersioni
Residuali.
Abbiamo
Oggetti elevati in dimensioni
Di superficie, forma e figurazione:
Specificità tattili, percezioni duali,
Linguistici concettuali,
Sensitivi tutti.
Dove piste, facce, letti,
Piogge, macchie, liste
Si amalgamano e staccano
Covano e schiudono,
Appariamo noi in prospettiva:
Illuminati estranei
Scissi tastieristi d'organi
Universali
Confezioni di energie
Avanzati pasti in lampadina
Candele per utili decomposizioni
Rimasti resti di soluzioni labili
Involucri gracili.
i.f.


Catturare, allo stesso tempo, il soggetto e il suo travaglio: gli accenni di tutto il tempo passato e il mistero della nascita, l'enigma del divenire. È il compito del ritrattista, la battaglia dell'artista.
La pratica estetica, continuamente, fa immagini: nella scrittura, nella musica, nella pittura. Questa creazione non ha nulla a che fare con fantasia o ricordi, con determinazioni necessariamente sensibili. Al contrario, la figura può essere intesa e percepita nella nudità di un concetto, nel sentore di una predizione, nella purezza di un contenuto, nel funzionamento di una formula: è la rappresentazione che rimane impressa nelle profondità encefaliche, che solca il nostro inconscio. La fotografia, in quanto trascrizione della luce, ci dà sempre a priori un'illusione di verità, richiedendoci una sospensione dell'incredulità. Sebbene non possa essere definita in termini di verosimiglianza, poiché ogni scatto presuppone una scelta di inquadrature e sottintende un punto di vista, essa richiede un assenso preventivo. I dipinti, nel corso del secolo, ne hanno succhiato l'illuminazione, assimilato la definizione.
Scritture scintillanti, somiglianti a materia clorofilliana, le pitture di Paolo Lupo in arte Demian sono struttura e contorno, in cui la figura, illuminata, garantisce un posto ad ogni colore. Tratti curvi, morbidi o violenti, introducono uno stampo di matrice tattile, la percezione dei polpastrelli su una foglia sensibile... Da una parte, queste linee contengono modalità e funzionalità differenti e stranianti del colore, dall'altra, si elevano allo stato di elementi autonomi, superfici, volumi delimitanti: sono involucri, scatole, masse corporee. Il tratto trattenuto insiste ossessivamente sull'inganno percettivo dell'apparenza umana. I rapporti cromatici, arbitrari, eccedono sul versante espressivo, includendo l'emozione nell'area della tela.
Come un relitto trascinato da un fiume bianco, tra gorghi e scogliere, lo spazio restringe e trattiene l'espansione illimitata delle tinte, in modo tale che questa risulti sospinta o accelerata, sommersa o recuperata. Lo sfondo è paragonabile a una campitura omogenea e fluida nella sua unità. In primo piano, i segni ignorano ogni geometricità: il quadro diviene aereo, e tenta il raggiungimento di un massimo di luce fissata nell'eternità di un tempo e di uno spazio monocromi: cromotopìa, cromocronìa... Il contorno, così, non è quello della Figura, ma trova la dimensione di elemento autonomo, determinato dall'impressione estraniata di ogni fenomeno. La dea che ammiriamo, di volta in volta, giustifica il distacco graduale da ogni immanenza, in produzione seriale di umane formulazione, in processo continuo di liberazione. È il colore a fornire luminosità: maieutica della luce in un percorso di intuizioni progressive, in cui lo stile è generato dalla coscienza della finitezza della nostra consueta percezione.

Ivan Fassio

"Katy" 70 x 100 (Matita, inchiostri, Acquerello su carta) 2013 Paolo Lupo

giovedì 23 ottobre 2014

Tentazioni Matrimoniali


a Davide Bonaiti

Che cosa succede ogni volta che un atteggiamento quotidiano passa attraverso il filtro di una cerimonia? Dalla situazione formale emergono spontaneamente comportamenti personali ed abitudinari, naturali e istintivi. Queste espressioni di sé possono essere imbarazzanti per chi involontariamente le esterna, oppure giustificate da un inconscio accordo tra tutti i partecipanti. In questo caso, potremmo cercare di imporre alla situazione una maschera che ne renda grottesco l’insieme, o che ne estragga un elemento pittoresco, grazioso, commovente o poetico. Nel ricordo, vorremmo giungere alla scomparsa di tutto il complesso percepibile, all’inevitabile e discolpata rinuncia di fronte alla possibilità di mantenere il rigore richiesto. Ci riusciremo. La causa di questo contrasto ci insegnerà, tuttavia, il linguaggio del paradosso, dal quale – nostro malgrado – non troveremo mai via d’uscita.
Davide Bonaiti ha fermato, nei due scatti presentati in “Tentazioni Matrimoniali”, il momento della perdita d’equilibrio tra contegno e desiderio, tra misuratezza e abbandono alla seduzione. In questi attimi, appariamo come marionette – comandati e, allo stesso tempo, rigidi come manichini. La fissità della statua e lo sguardo gaudente del possesso e del compiacimento si compenetrano, lasciandoci in balìa del disagio futuro.
Ivan Fassio

Davide Bonaiti, Tentazioni Matrimoniali