martedì 2 dicembre 2014

Paolo Lupo alias Demian. La Figura Illuminata

Dar Luce alla Luce


Il relitto trascinato da corrente
È fiume e altro e niente:
Effetto spaziale, assimilato
Flusso.
Viviamo: inabissati in parte
Come artistiche dispersioni
Residuali.
Abbiamo
Oggetti elevati in dimensioni
Di superficie, forma e figurazione:
Specificità tattili, percezioni duali,
Linguistici concettuali,
Sensitivi tutti.
Dove piste, facce, letti,
Piogge, macchie, liste
Si amalgamano e staccano
Covano e schiudono,
Appariamo noi in prospettiva:
Illuminati estranei
Scissi tastieristi d'organi
Universali
Confezioni di energie
Avanzati pasti in lampadina
Candele per utili decomposizioni
Rimasti resti di soluzioni labili
Involucri gracili.
i.f.


Catturare, allo stesso tempo, il soggetto e il suo travaglio: gli accenni di tutto il tempo passato e il mistero della nascita, l'enigma del divenire. È il compito del ritrattista, la battaglia dell'artista.
La pratica estetica, continuamente, fa immagini: nella scrittura, nella musica, nella pittura. Questa creazione non ha nulla a che fare con fantasia o ricordi, con determinazioni necessariamente sensibili. Al contrario, la figura può essere intesa e percepita nella nudità di un concetto, nel sentore di una predizione, nella purezza di un contenuto, nel funzionamento di una formula: è la rappresentazione che rimane impressa nelle profondità encefaliche, che solca il nostro inconscio. La fotografia, in quanto trascrizione della luce, ci dà sempre a priori un'illusione di verità, richiedendoci una sospensione dell'incredulità. Sebbene non possa essere definita in termini di verosimiglianza, poiché ogni scatto presuppone una scelta di inquadrature e sottintende un punto di vista, essa richiede un assenso preventivo. I dipinti, nel corso del secolo, ne hanno succhiato l'illuminazione, assimilato la definizione.
Scritture scintillanti, somiglianti a materia clorofilliana, le pitture di Paolo Lupo in arte Demian sono struttura e contorno, in cui la figura, illuminata, garantisce un posto ad ogni colore. Tratti curvi, morbidi o violenti, introducono uno stampo di matrice tattile, la percezione dei polpastrelli su una foglia sensibile... Da una parte, queste linee contengono modalità e funzionalità differenti e stranianti del colore, dall'altra, si elevano allo stato di elementi autonomi, superfici, volumi delimitanti: sono involucri, scatole, masse corporee. Il tratto trattenuto insiste ossessivamente sull'inganno percettivo dell'apparenza umana. I rapporti cromatici, arbitrari, eccedono sul versante espressivo, includendo l'emozione nell'area della tela.
Come un relitto trascinato da un fiume bianco, tra gorghi e scogliere, lo spazio restringe e trattiene l'espansione illimitata delle tinte, in modo tale che questa risulti sospinta o accelerata, sommersa o recuperata. Lo sfondo è paragonabile a una campitura omogenea e fluida nella sua unità. In primo piano, i segni ignorano ogni geometricità: il quadro diviene aereo, e tenta il raggiungimento di un massimo di luce fissata nell'eternità di un tempo e di uno spazio monocromi: cromotopìa, cromocronìa... Il contorno, così, non è quello della Figura, ma trova la dimensione di elemento autonomo, determinato dall'impressione estraniata di ogni fenomeno. La dea che ammiriamo, di volta in volta, giustifica il distacco graduale da ogni immanenza, in produzione seriale di umane formulazione, in processo continuo di liberazione. È il colore a fornire luminosità: maieutica della luce in un percorso di intuizioni progressive, in cui lo stile è generato dalla coscienza della finitezza della nostra consueta percezione.

Ivan Fassio

"Katy" 70 x 100 (Matita, inchiostri, Acquerello su carta) 2013 Paolo Lupo

giovedì 23 ottobre 2014

Tentazioni Matrimoniali


a Davide Bonaiti

Che cosa succede ogni volta che un atteggiamento quotidiano passa attraverso il filtro di una cerimonia? Dalla situazione formale emergono spontaneamente comportamenti personali ed abitudinari, naturali e istintivi. Queste espressioni di sé possono essere imbarazzanti per chi involontariamente le esterna, oppure giustificate da un inconscio accordo tra tutti i partecipanti. In questo caso, potremmo cercare di imporre alla situazione una maschera che ne renda grottesco l’insieme, o che ne estragga un elemento pittoresco, grazioso, commovente o poetico. Nel ricordo, vorremmo giungere alla scomparsa di tutto il complesso percepibile, all’inevitabile e discolpata rinuncia di fronte alla possibilità di mantenere il rigore richiesto. Ci riusciremo. La causa di questo contrasto ci insegnerà, tuttavia, il linguaggio del paradosso, dal quale – nostro malgrado – non troveremo mai via d’uscita.
Davide Bonaiti ha fermato, nei due scatti presentati in “Tentazioni Matrimoniali”, il momento della perdita d’equilibrio tra contegno e desiderio, tra misuratezza e abbandono alla seduzione. In questi attimi, appariamo come marionette – comandati e, allo stesso tempo, rigidi come manichini. La fissità della statua e lo sguardo gaudente del possesso e del compiacimento si compenetrano, lasciandoci in balìa del disagio futuro.
Ivan Fassio

Davide Bonaiti, Tentazioni Matrimoniali

mercoledì 1 ottobre 2014

Cinque Fasi Poetiche

Pintapiuma, Prima Fase

Sulle Cinque Fasi di Pintapiuma

La realtà è sempre verosimile
La verità questione personale:
Tutto è vissuto in pesantezza ciclica globale,
Uscire da un affare per rientrare, per cambiare:
Perennemente in assenza di visione autentica.

Come questione vitale, nella fuga dal sistema,
Compare l'imparziale insurrezione:
Smascherare la viltà dell'intima espressione
Cogliendo di ogni fase l'essenziale.

Per uscire da posizione soggettiva
Ed attingere dai segni in onestà,
La natura esistenziale, dei sogni la beltà
Farà colare il necessario residuale
Affinché il colore consumi nell'umano
Con amore, conoscenza e libertà.

Ivan Fassio

Pintapiuma, Quarta Fase



mercoledì 17 settembre 2014

Inaugurazioni Combinatorie

a Pintapiuma

Niente di meglio ci sarebbe: un'inaugurazione! Affinché rimanga sveglio: l'estro di popoli in miseria, annichiliti dal potere, da sistemiche omissioni. Le disattenzioni della gente, sanate e ricolmate, morte saranno, consacrate all'occasione. Una volta l'anno? Arbitrariamente, più volte ogni stagione: a benedire spazi vuoti, neutri, in progressione. È prima fase espositiva: necessaria secessione. Al secondo punto fermo sta la moda, l'affezione. Si sale al terzo piano con lo studio, riflessione. Un quarto stadio gonfia gli occhi: commozione e volontà. Il quinto cerchio è amore: conoscenza e libertà, l'abluzione dell'infante. Erede del linguaggio, futuro svincolante – il nuovo vento bussa piano alla tua carne, concepito in astrazione, incubato in esperienza: fede, sangue, scienza...

Ivan Fassio

Pintapiuma, La Quinta Fase

martedì 16 settembre 2014

Quasi Monocromo

Nel lontano 1983, Claudio Ruggieri, alias Pintapiuma, era ancora un pittore. Credo che volesse, nel momento di completa maturazione tecnica ed espressiva, rendere cieca ogni opera, negare ogni possibilità di rappresentazione, coprire ogni immagine con la spessa e pesante sostanza dell'esistenza, con la nascosta essenza del sangue.
“Come ogni colore sopravvive privato di qualità in un barattolo, così la nostra linfa vitale vive in un involucro occultante”: questo può pensare l'incredulo spettatore di fronte ai quadri sporchi. Veri e propri dipinti, questi oli emanano, sotto l'apparenza del quasi monocromo, un'impressione di dubbio, un perturbante e fascinoso fremito d'incertezza: il grigio superficiale ed uniforme può contenere, percepibili sensibilmente ad un attento osservatore, tutti i colori dell'iride? Una logica risposta non c'è. È un sentore, che giunge a noi dagli abissi della vista – dalle profondità degli affetti e della memoria –, a farci sospirare: sì...



Ivan Fassio

Pintapiuma, Io sono il Deserto

lunedì 28 aprile 2014

Iperboreo

Per la mostra "VEDO LA LUCE. Sculture Luminose per un'Europa Illuminata"

Europa:
da eu-rope, "ben irrigata"
da (eurus), "ampio" e ōp "occhio", con significato di "ampio sguardo"
In mitologia:
madre di Minosse, rapita da Zeus trasformato in toro bianco


A Nord di Creta, sopra il mare, sta l'Europa: in questa mappa distesa, con gli occhi rivolti alle stelle, in questa zona mentale che brama. Irrazionale porzione irrigata, di fiumi e di laghi si nutre ed incide. Sguardo di luna cingente, ampio: piena e calante, sa orbitare rette piovose e – avanti – nevose, più a settentrione. Il carro del sole salente è intuizione apollinea, il controcanto dell'ebbro agognare. Accoglie un toro le spoglie d'amore, su spalle ribelli, accarezza le guance di spiaggia: così, viene Dio a rispecchiarsi su tiepide schiume o su lucida onda, in quieto vagare.
Più tardi, abitata – non più immaginata –, la terra avrà carmi di guerra, ratti barbarici, campi di sale, sangue di sete. Accorrete, accorrete! Al pozzo di luce, al pianto di madre per parti dedalici, labirintici scarti. L'Impero, sedotto più volte da manie di ventura, si riaccenderà... per definizione, in ginocchio, da secoli scettico sul miracolo assurdo: la libertà. I popoli insorti si rinserreranno, credendo e cadendo, unici e statici. Di qui, la fame energetica, carboni meccanici, locomotive: uno spruzzo d'America! Non più pregare e vangare, saper inventare, ma l'accumulo del gonfio spettacolo, l'industria tronfia di plastiche inutili. L'unità necessaria come sinistro ricatto, l'economia del riscatto. Ora, gli astri – che un giovane uomo mirava per impossibile calcolo – son dodici e più, in fievole aumento: resta quel lume da scogli lontani, a rischiarare l'inesplorato sognato.


Ivan Fassio

Jean-Paul Charles, lightbox, 2014
Ennio Bertrand, My Cup of Tea

Enrico Tommaso De Paris, biolandscape #026

sabato 5 aprile 2014

Il Corpo del Concetto

Nelle parole di Ennio Onnis

L'arte e la poesia abitano un interstizio encefalico, uno spazio della corteccia, in cui la tela della rappresentazione è costantemente lacerata. Ciò non significa che le situazioni non si formulino, che le storie non si producano, che le scenografie non si arredino. Al contrario, quel divario lascia trapelare concretamente ogni effigie, come se fosse condensata dal respiro dell'autore, forgiata dalle fauci infuocate della storia o liberata da una coscienza vacillante.
La risoluzione delle immagini si impone nitidamente, come a seguito di un devastante colpo, di un atto di violenza rivelata, di uno smascheramento sacrificale. I tempi sono tragici: la parola li ascolta e inscena.
Come ignorata da ogni altro dominio della realtà, la fine imminente è qui colta ed esorcizzata, schernita e oggettivata, simbolizzata. Nella nave del mondo, pesante di vita e alleggerita dalle forze gravitazionali, ci dibattiamo inermi e colpevoli: la pietà è morta, strangolata dalle nostre stesse mani, invalidata dall'impalpabile mostro globale che abbiamo generato.
I numeri, logiche fondamenta, non obbediscono ad alcuna regola: dal terrore economico tutte le certezze sono sgretolate. Allo stesso modo, ogni processo razionale è bloccato sul baratro in una statica e perturbante vertigine.
La quotidianità ritorna nei nostri pensieri sotto forma di risata straniante, di guizzo scanzonato, a riportare una pace sospesa, ironica e liberatoria. È una distrazione necessaria, talvolta involontaria, che si oppone alla maledizione del presente.
Dall'artificiale stato in cui viviamo, la realtà è mutata in divoratrice d'esistenze: attraversiamo trasfigurazioni mistiche durante il nostro viaggio siderale, evaporazioni e sublimazioni animose e animali.
Il fiato della coscienza è danneggiato, in ogni dove. Ennio Onnis ne è consapevole: ha inventato il luogo in cui attingere l'autentica adesione tra concetto e concrezione, il contratto fondatore che unisce spirito e carne. Mistero tremendo e fascinoso, in equilibrio tra filosofia e religione, la macchina che ci macina deve essere scomposta in qualche area della mente, affinché la notizia dello smantellamento ideale giunga agli altri uomini. La pala del mulino gira lenta, inesorabile, alla periferia di un'ipnotica città: discarica o archivio di tecnologie sempre più residuali. Noi siamo pronti a batterci, cavallerescamente, con immaginazione, invenzione e inedite fabbricazioni cerebrali...


Ivan Fassio

Ennio Onnis, Città

Le Cose da Fare, le Cose da Dire

Inventiamola finalmente
Questa letteratura cestinata
Questa scrittura da pattumiera:
La poesia scartata, invalidata
L'aforisma annullato, sbagliato
Imbarazzato!


Ivan Fassio

Ennio Onnis, olio su tavola, 2013

Orale Solare

La testa ottusa e il silenzio del piombo per ogni occasione mancata: la letteratura defecata, illusa, invadente, scorretta, falsa, deficiente, tarata, scarsa, ignorata, ignorante, inadeguata, sorridente, inebetita, imbarazzante... La vita che odora, il sacrificio solare, l'anima pura...

Ennio Onnis, olio su tavola, 2010

venerdì 14 marzo 2014

Tessuto Urbano: Strutture e Sovrapposizioni

Laura Ambrosi, Ricamo su Torino, courtesy GAM

Dare un senso a un tessuto urbano - a un testo, quindi, nella sua accezione fedelmente etimologica - ha a che vedere, più dualisticamente ancora che per altri campi di studio semiologici, con l'indicazione di significato e direzione. La direzione, per quanto riguarda i "segnali veicolari" dell'architettura e dello studio del paesaggio, è già, di per sé, un significato. Non c'è, infatti, significato sociale che non tenda, in modo progettuale, a un fine o che non abbia delle solide radici in un luogo spaziale, sia esso reale o metaforico. La nostra stessa conoscenza, la nostra capacità di produrre simboli e di leggere il mondo che ci circonda, si basa sulla spazialità e sulla percezione di forme archetipiche.
Partire dal territorio, dalla città, dal paesaggio, volendoli analizzare come testi, significa, in questo senso, cercare in essi delle opposizioni e dei punti di tensione - dei momenti in cui il cammino dei significati si perturba.
Occorrerà, quindi, individuare dei percorsi - dei labirinti? -, dei recinti, in cui localizzare l'analisi di contraddizioni, eccessi, attriti. Sarà, così, la città stessa con i suoi archetipi a venire in nostro aiuto fornendoci le sue strutture come modelli per analizzare il suo testo. Dalle intenzioni politiche, sociali, ideologiche, casuali di un progetto fino alla sua realizzazione, e poi, a partire da qui, dal luogo abitato (che sia edificio, zona, parco, periferia) o comunque dal primo attimo della sua percepibilità, fino ad arrivare alle sue riutilizzazioni - e ritualizzazioni? - pratiche o metaforiche (rivalutazioni, accumulo di significati, simbologie, mitologie).
L'individuazione delle differenze che il filosofo francese Jacques Derrida riconosceva come caratterizzanti ogni testo scritto sarà la traccia che potrà guidarci in uno dei possibili, infiniti itinerari. La differenza - continua acquisizione di accezioni - intesa come realtà ultima che condiziona ogni creazione, ogni linguaggio nel suo inevitabile essere nel tempo, ogni interpretazione di attività umane. Ci accompagnerà la presa di coscienza che di ogni tessuto urbano, creato da un insieme dinamico di fattori, verrà inevitabilmente a mancare il concetto di autorialità. Come in ogni testo, ci si muoverà a ritroso per approdare quasi sempre all'inconnu, al mistero della nascita, all'intenzione di partenza ormai dimenticata con il passare degli anni, scalzata, nelle sue ragioni, dall'avvicendarsi delle culture, dei modi del costruire.
Quante volte, in questo senso, correnti e avaguardie architettoniche hanno cercato di esorcizzare l'inquietudine provocata dalle percezioni di una generale rottura, di una frammentazione epistemologica, recuperando l'innocenza di simboli archetipici (piramide, sfera, cerchio, ellisse, labirinto). Hanno rivisitato le originarie intenzioni comunitarie, rituali, simboliche e hanno scoperto, infine, che queste si installano, sempre e comunque, come strutture permanenti, ma in forme continuamente mutanti.
Giungeremo a una considerazione dell'opera di architettura non come cosa in sé, ma come segnale a cui ognuno, nel tempo, dà differenti risposte. In origine questo segnale si era posto come soluzione di un determinato spazio, per assolvere a una determinata utilitas. Trattandosi di segno per definizione iconico, ha poi diffuso nel tempo i propri aloni interpretativi, si è macchiato e caricato delle stratificazioni di significato, dei cumuli delle informazioni inviate e ricevute, dei diversi utilizzi.

Evitando di entrare specificatamente nel dibattito sull'urbanistica, occorre ora utilizzare i mezzi fino a qui rintracciati per leggere, allo stesso modo, l'opera d'arte che del tessuto urbano si nutre, che da sempre si è confrontata con questioni legate alla comprensione dell'abitare come categoria del pensiero. Arte figurativa intesa come campo privilegiato di riflessione, come luogo di critica, di classificazione e, insieme, come parte integrante di quelle sovrapposizioni che fanno la storia di un monumento, di uno spazio, di un paesaggio. Le tensioni e le opposizioni, gli eccessi di significato, che gli studi di urbanistica individuano nel testo-città, potranno esserci d'aiuto per la lettura di un linguaggio artistico. Tenendo, naturalmente, ben presente che di linguaggio si potrà parlare solo riconoscendo ormai che - proprio in entrambi i campi dell'arte e dell'architettura - non vi è luogo da cui scaturisca una sua pienezza onnicompresiva, completezza che è stata storicamente negata, abbandonata. Il fallimento di una scienza dei segni, di una semiologia capace di tradurre un sistema linguistico in un altro dovrà accompagnarci, fornendoci un modello dinamico di comprensione, nell'itinerario di lettura dell'opera d'arte e dei rapporti che intercorrono tra questa e le questioni dell'architettura contemporanea. 

Ivan Fassio

Laura Ambrosi, Il pizzo non si paga, 2010

mercoledì 12 marzo 2014

La Vergine di Corinto – Un'Esposizione Collettiva

A cura di Ivan Fassio

Keren Cytter, Angela Dufresne, Nan Goldin, Chantal Joffe, Elke Krystufek, Leigh Ledare, Zoe Leonard, Jonathan Monk, Tony Oursler, Marc Quinn, Gosia Turzeniecka

La Galleria Kosmos inaugura i propri spazi a Mosca con “La Vergine di Corinto”, una mostra collettiva dedicata alle articolate relazioni tra contemporaneità e strutture archetipiche della rappresentazione femminile. Il variegato percorso si snoda tra fotografia, pittura, grafica, video-art, in una prospettiva multimediale e interdisciplinare.

È inverno a Corinto, città dissoluta e corrotta. Una vergine muore, poco prima delle nozze. La nutrice ne raccoglie i giocattoli preferiti in un cesto. Posandolo sulla tomba, lo copre con una tegola per preservarlo dal freddo e dalle intemperie.
A primavera, una pianta di acanto fiorisce sul sepolcro. Giorno dopo giorno, l'arbusto avvolge il paniere. Le foglie cercano di farsi luce e, giunte alla tegola, la aggirano con una voluta sinuosa.
Lo scultore Callimaco passa accanto a questo curioso canestro. Impressionato e affascinato dalle forme create casualmente, si precipita nel suo studio e scolpisce un nuovo capitello a immagine di quello spettacolo floreale. Così il De Architectura di Vitruvio racconta l'origine dello stile corinzio.
Ideata secondo le proporzioni del corpo femminile, questa colonna era percepita come il correlativo della purezza, del gioco, della danza, dell'immortalità dell'anima...

Oggi, nella continua modificazione e dinamicità di forme e contenuti, il nostro compito è ancora indagare determinate strutture universali. Modalità essenziali, scavi alle radici della percezione e dell'esistenza, analisi di modelli conoscitivi imprescindibili restano prerogativa della pratica estetica contemporanea. Dietro alle immagini, che crescono spontaneamente intorno ad un nucleo di forte intensità emotiva e sperimentale, cova l'archetipo.
Nel contesto della mostra collettiva – per accostamenti e contrasti espositivi – la fonte originaria, biologica e generatrice di ogni opera sarà approfondita, in quanto concettualmente assimilabile alle categorie di femminilità, fertilità, seduzione, maternità.
Tony Oursler fa scaturire la fisionomia da uno stimolo misurato (Creeping Physionomy), oppure tratteggiando i lineamenti attraverso un particolare controllo dell'eccitazione, dell'impeto immaginifico (Carousal/Arousal). Amalgamando diversi aspetti del sapere e della memoria, l'identità emerge per effetto di intuizioni estatiche da un fondale che accoglie tecnologia e comunicazione, scienza e mitologia.
Lo stile nasce da questo grembo materno, dalla viscerale intrusione di elementi atavici in un odierno crogiolo di connessioni. Si crea, così, riformulando un processo riproduttivo, il simulato sangue del mondo. Marc Quinn, in un costante riferimento al progresso, propone un dualismo dinamico e sofferto tra carne e spirito (Untitled II). La materia pare formarsi al di là del caos, in una dispersione che è scissione: distanza incolmabile tra noi e l'anfratto più autentico del mondo.
Il legame con una madre universale diventa domanda inquietante sull'esperienza dei rapporti filiali nel video Shoulder di Leigh Ledare. Pianto, emozione, ripiegamento su se stessi permettono ad arte e vita di intrecciarsi in una riflessione sugli affetti primari: uno spiraglio sulla percezione di oscure zone della coscienza.
La sistematicità quotidiana e ostinata della fotografia di Nan Goldin porta l'autoritratto alla conquista di nuovi territori espressivi. L'opera diventa feticcio abbandonato, macchia depositata che continua a mantenere, nel tempo, le calde impronte della sua creatrice: divinità attenta a filtrare e a combinare le giuste dosi di una pulsante materia biologica.
L'attivismo politico e l'impegno femminista di Zoe Leonard culminano in tragiche visioni esistenziali, slacciate dall'urgenza della denuncia politica. La documentazione giornalistica e la testimonianza sociale si fanno cupe rappresentazioni del disagio contemporaneo e, allo stesso tempo, sofferte notazioni sulla condizione umana (Effigy).
Chantal Joffe, attraverso una produzione bad painting iterata e sperimentata nel campo della raffigurazione femminile, approda al ritratto maschile. Il violento montaggio di diverse modalità espressive contamina l'ingenuità del tratto con la brutalità degli accostamenti cromatici.
Elke Krystufek si ritrae ossessivamente. Creando un archivio personale, in cui sessualità e motivi psicanalitici si intrecciano, l'artista fa riferimento ad una pratica estetica che mantiene, alle proprie basi, l'azione come elemento di interdisciplinarietà e la catalogazione come privilegiata riflessione sul tempo.
Se l'architettura opera sulle tre dimensioni, Angela Dufresne riporta la pittura al suo livello di bidimensionalità problematica, dove ogni plausibile prospettiva recupera il proprio originale significato simbolico. Corrispettivi di questo esercizio stilistico sono l'analisi binaria dell'identità personale e del rapporto femminile-maschile. In questo senso, le tensioni intime e relazionali tra i sessi sono poste a livello di exempla: come se si trattasse di immagini prodotte in un tempo lontano, secondo un codice di valori ormai estraniante.
Video Art Manual, di Keren Cytter, inscena secondo modalità post-moderne il dissidio tra invenzione e critica d'arte. La serie di indicazioni è imposta dalla ormai consueta ed esausta pratica della produzione di video artistici. La combinazione delle sequenze e le tipologie di azione spostano l'attenzione, in modo ludico e liberatorio, sulla validità di determinate esperienze. Sull’altro versante, le cartoline di Jonathan Monk ci mostrano luoghi d’arte e di villeggiatura, seducenti località immortalate in bianco e nero. Paradossalmente, vecchie figure sbiadite trasmettono un messaggio al futuro, che si riavvolge vertiginosamente su se stesso: matrice di ogni comunicazione interpersonale, pubblica o politica.
Le donne dormienti di Gosia Turzeniecka ricalcano l'impossibile visione di ciò che è nascosto. Nella consapevolezza inquietante di essere esclusi dalla loro esperienza, noi registriamo la vibrazione vitale di queste figure, insieme a tutta la nostra incertezza. Quando ci risveglieremo con loro, avremo già compreso i motivi della nostra attesa. Avremo completato il quadro della veglia.
Le decorazioni, che la presenza umana lascerà sulla carta, saranno le foglie di una pianta nata dall'aspettativa e dalla speranza per una comprensione maggiore, dalla tensione verso una conoscenza immacolata e assoluta...

Ivan Fassio


Kosmos Gallery
9, Baltiyskaya street
Moscow
Russia
Orari: Martedì – Sabato, 15 – 19:30 o su appuntamento

Nan Goldin, Self-portrait with eyes turned inward, Boston 1989

Elke Krystufek, Untitled Drawing

Zoe Leonard, Effigy


domenica 9 marzo 2014

La Tempesta del Progresso. Video-art, Pitture e Sculture di Davide Binello


Una progressione auto-modulatoria di atti generativi può essere declinata nella completa molteplicità delle formule contemporanee: dalla bidimensionalità informale alla matericità del rilievo, dalla monumentalità dei totem alla complementarietà di elementi a incastro, passando attraverso la serialità accattivante della comunicazione di massa e arrischiandosi in una vera e propria contaminazione fotografica e video.
L'inizio, inteso come concetto uniformante, sembra essere il motore eternamente attivo, un enzima capace di omologare ogni intuizione all'interno di una trama pre-testuale. Smalti e vernici, acrilici, catrame e cemento si amalgamano in un dettato sospeso tra progettualità della costruzione, gestualità liberatorie e casualità preventivate.
Perennemente in partenza, catturata sul nascere, l'immagine è riproposta in cattività, distaccata e scissa. Vivendo la nostalgia dei luoghi a cui idealmente appartiene, essa si rinnova in tre distinte dimensioni. Indugia, come vibrazione e reazione tra luce e carne, nello spazio, impercettibile e paradossalmente corporeo, posto tra iride e retina. Si muove, per mezzo di attori estraniati, nella vorticosa tempesta del progresso: la catastrofe inevitabile, tragica soluzione dell'evoluzione e dello sviluppo. Permane nella zona dell'illusione, in un'incessante macchinazione cerebrale che ne rivela, instancabilmente, il processo di corruzione e conseguente rinascita.


Ivan Fassio



Davide Binello, FEAR

Davide Binello, Genesi Cosmica 308, Male & Female

venerdì 7 marzo 2014

Rullo di Poesia


a M. M.

Il linguaggio ha perduto i propri oggetti.
Esploso ed eccessivo, si è protratto contraffatto,
Per gravare sul soggetto, quanto una sonata.
Delegato e differito sui rulli di tamburo,
Il contenuto serviva da pretesto: ritmo preso a prestito
Da svariate sommità.

L'ingranaggio funzionava come un cantico:
Era tutto un confondersi di strati, limitati,
Incastrati nel percorso di raccolta,
Nella scelta da operare sul momento!
D'urgenza incisa sulla voce, registrata, l'esperienza
Prometteva santità...

Scambiando alterità per effetto del dettato,
La pronuncia, per difetto, corrompeva ogni tracciato.
Era nuovo il risultato a causa del prodotto:
Dal corpo dell'attore si staccava lacerato,
Deturpato,
Duplicato in densità.

Il coro continuava, eludendo l'atmosfera,
Elevando cattedrali, scalinate di frontiera...
Conseguenza della vista era il torso dibattuto,
Del sospiro la beltà era il sonno combattuto.
Gli agenti, genuflessi, si schernivano di già:
Con risata costruita
Catturata in libertà!


Ivan Fassio



lunedì 3 marzo 2014

Corsi e Ricorsi Simbolici. Il Progetto Re_code del Gruppo E_qui

Intesa in una plausibile accezione primigenia di difesa e di controllo su un luogo, la politica si è fondata sulla geografia. L'uomo ha marcato e descritto il territorio, strutturandolo in un universo dotato di senso e prendendone possesso fisico e mentale.
Fonti originarie di individuazione, la creazione e l'imposizione di un nome sono atti di potere, di addomesticamento e di appropriazione dello spazio: definizione sta a delimitazione, proprio come denominazione sta a dominazione.
Colonizzando, le civiltà hanno prodotto linguaggio: una serie smisurata di segni, indicazioni, dichiarazioni. Limiti e confini: il mondo si è richiuso. L'animalità è annichilita, la cattività espansa e diffusa come un desiderio, un vezzo, una dipendenza.
I simboli, nella loro opacità, hanno immortalato le tracce di queste tensioni. Come una lingua lesionata, ogni effigie riconoscibile e condivisibile nasconde la vibrazione dell'anelito, il sogno della libertà: dalle antiche decorazioni alle derive immaginifiche e simulatorie della tecnologia e della multimedialità.

Conscio di questo attrito, ogni creatore compie un percorso a ritroso, tentando di svolgere il finito, di dischiudere l'indiscusso, di convertire il convenzionale. Cambiando le regole e riformulando le soluzioni narrative, l'artista obbliga lo spettatore alla rielaborazione degli elementi basilari, degli anelli universali. La ricerca sarà assimilabile al gioco: caccia al tesoro, interpretazione dei tarocchi, battaglia navale... Il risultato convergerà inevitabilmente con la riscoperta dell'urgenza originaria, della necessità comunitaria, dell'iniziale volontà di comunicazione...

Ivan Fassio


Gruppo E_qui, Progetto Re_code

sabato 22 febbraio 2014

Polarità Fluide. Video-Performance e Incisioni di Eleni Kolliopoulou


Potremmo diagnosticare, attraverso la storia delle immagini, le condizioni dell'uomo contemporaneo? Valutare tipologia e sede di ogni affezione è possibile, per mezzo dell'osservazione dei fenomeni iconici e cromatici che ne hanno accompagnato il progresso nel tempo.
Modalità scultoree, pittoriche e letterarie sono sottoposte, nel cammino di trasmissione attraverso i secoli, ad un processo di polarizzazione del senso. Tale evoluzione può variare l'originaria valenza del modello figurativo, fino a giungere a esiti opposti, di totale inversione energetica. Pur mantenendone sostanzialmente inalterata l'identità superficiale, l'artista piega una struttura alle proprie necessità ed urgenze espressive.... Sguardi fissi al cielo, in estasi, si voltano verso lo spettatore, protendendosi al di fuori del quadro: cambiamenti etici ed estetici si sono serviti delle stesse posture, caricandole di nuovi significati...
Assimilati questi meccanismi, possiamo insinuarci al loro interno come conduttori di forze. Noi incorporiamo e incanaliamo le tensioni, mentre i poli oppongono resistenza o si attraggono. Indifferenti alle forme esteriori, le ricreiamo dall'interiorità: organismi generati in se stessi, auto-sostentati, continuamente implementati dalla passività nelle traiettorie dei collegamenti. Come se si trattasse di un'analisi scientifica o di un esperimento fisico, lasciamo decantare le sostanze per una frazione temporale utile all'elaborazione completa di un risultato finito. Se lavoriamo sull'essenza dei segni, permettiamo alle sedimentazioni di depositare i propri detriti. Agiamo secondo una pratica distaccata, isolando la creazione nell'ambito della propria fluida dimensione transitoria ed eventuale. Nel caso di interventi in un contesto sociale e culturale, osserviamo lo scorrere del paesaggio in sottofondo e, dalla distanza e con costanza, lo scalfiamo lentamente e insensibilmente. Quando danziamo, lavoriamo sugli intervalli e sui silenzi, sulla nostalgia dell'altro e sull'interazione con il vuoto: la percezione delle pause. Il percorso di raccolta dati – comprovate identificazioni di un'alterazione e di un disagio – è la strada per la liberazione dai nostri mali...

Ivan Fassio

Eleni Kolliopoulou, Ohne/Without, videoperformance, 2012

a cura di Ivan Fassio e Fulvio Colangelo
Inaugurazione Mercoledì 26 Febbraio 2014 ore 18:30
fino al 4 Marzo, Lun. - Ven.: 17 - 19
Ki-Gallery
Via Mazzini, 39
Torino

Nell'ambito della rassegna Ki-Video, proiezione delle video-performance “Ohne/Without” e “Kollaps/Collapse” e delle video-dance “Zwischen/Between 2” e“Noir Désir”. Esposizione della serie di incisioni “Spiegel”.

Ki-Gallery
di Fulvio Colangelo
via Mazzini 39 Torino
mob: 366.1128666
tel: 011.8125865

lunedì 17 febbraio 2014

“Sarcofoni”

Telefoni Escatologici di Ennio Bertrand con Testi e Voce di Ivan Fassio


Sarx = carne, Phoné = voce, suono


La presenza non è mai stata sinonimo di stabilità e permanenza. L'esserci si realizza, al contrario, sotto le forme di evento ed evenienza. A questo modo, il telefono sta al suono, come la necessità di comunicare sta alla distanza: evoluzione dell'ambasciatore, del piccione e della carrozza.
Parola, immagine, carne e testimonianza: sono le nostre coordinate per comparire al mondo. Vivendo in passività, ci attraversiamo l'un l'altro nella corrente di energie, relazioni, onde. Irradiamo in assenza, attraverso la luce che ci illumina gli occhi, il canale che accoglie il nostro lamento, l'aria che contiene la nostra domanda. Mittenza e destinazione dipendono, esclusivamente, da circostanza.
La mancanza, in antitesi, è fermezza, fissità, assolutezza. Non esistiamo quando la forza non circola, quando il sangue ristagna, nel momento in cui il messaggio non corre, il segno rimane nascosto, i generatori e i diffusori restano spenti. Siamo chiusi, inghiottiti. Un sarcofago accoglie le nostre spoglie – le divora –, perché inutili ormai all'impressione e all'espressione.
Abbiamo certezza di queste dinamiche, talvolta, quando creiamo. Le frasi paiono incanalarsi verso di noi, convogliate da una sorta di megafono personale. Un tale oracolo è la bocca che trova, nel luogo preciso della sua emissione, l'urgenza di dire. Il contenuto si oggettiva e scala i rapporti fino all'essenza: l'universale risplende. Nascono le ricorrenze, poiché l'apparizione dell'uguale viene perpetrata in eterno. La chiacchiera, consuetudine pretestuale e residuale, s'annulla. Il linguaggio si tempera, ascende, in limite ultimo, al confine con l'estrema causa vitale. Comprendiamo che la nostra intonazione, che ogni individuale esalazione, che ogni flusso – interiore ed esteriore – è la voce della carne soltanto...

Ivan Fassio

I Sarcofoni, presentati a Davanti a un Fiume in Piena # 5, ph.courtesy fannidada





giovedì 13 febbraio 2014

Strisce e Carte, Scarti e Scatti. Video-art e Sperimentazioni di Mara Chemini


Gli approdi dell'intuizione, a cui le potenti imbarcazioni della ragione non riescono ad attraccare, sono sabbiosi, cangianti, franosi. Fragile, lo scoglio di queste rive è frangibile e friabile. Se anche volessimo stabilire una posizione per gettare le fondamenta di un molo, nessuna bitta potrebbe essere fissabile... Con un orizzonte tanto mutabile, allo stesso modo, sarebbe comunque vano ed impossibile invertire la rotta. Occorre navigare a vista, esplorando le continue trasformazioni della costa, osservando stupiti le metamorfosi del paesaggio, rispetto alle indicazioni ormai obsolete delle carte nautiche a nostra disposizione.
La facoltà dell'immaginazione ci guida, paradossalmente, tra le correnti della realtà. Così conosciamo il mondo: nell'applicazione giocosa di strumenti improvvisati, nella creativa immedesimazione in dinamiche perennemente correttive ed evolutive. Percepiamo il nostro corpo e la società: abbozzando, attraverso pretesti, il congiungimento di noi alla componente biologica o relazionale.
L'appiglio di appoggio per ogni nostra operazione, una volta utilizzato, si ripresenta come residuo. Possiamo decidere se gettarlo a mare, o se riutilizzarlo come un'ancora per incanalare, intorno ad esso, le energie per la creazione di una nuova disciplina. Conseguentemente alla nostra scelta, l'oggetto sarà ammirabile in lontananza, nella completezza della propria maturata inutilità. Oppure rappresenterà soltanto l'occasione per continuare ad imparare, leggendo l'universo nelle pieghe di ogni momentanea mancanza ed imperfezione... La scorza della natura sarà sempre intaccabile dalla forza dell'inventiva. Si riformuleranno i nostri tratti su diversi piani, in una finzione necessaria alla comprensione dell'interiorità. La quotidianità si rinnoverà su un disegno inedito: schizzo per un progetto di superiore qualità.

Ivan Fassio


Mara Chemini (MARAKE), Pezzi di Me



Mara Chemini (MARAKE), Momenti Residui

lunedì 3 febbraio 2014

Degli Inferi e del Creato

Nei dedali della creazione, arriva, prima o poi, il momento in cui ci si trova al cospetto dell’assoluto. Tremanti, ubbidiamo: la nostra paura è questa libertà. Un’estasi della necessità incanala nell'oggettivazione ogni testo, immagine, suono – e il labirinto si apre. Non possiamo essere diversi, perché diventiamo ciò che siamo. Sublimando ad arte l’esistenza, condensiamo su marmo, tela, carta, voce: siamo percorsi, condotti, composti.
Allo stesso modo, la natura adempie alle sue regole. Nascita e crescita si susseguono. Una catena stretta di magmi, rocce, terre, piante, bestie, uomo, in cui l’essenza continua a tramare. Acque e sali, cieli e nubi: l’avvenire si svolge al presente, insieme al passato.  È un peccato che il tempo sia appositamente arrotolato, in modo che possiamo percepirne una spira soltanto, di volta in volta. A sua somiglianza, siamo ripiegati e non ci conosciamo. Dall'esperienza derivata per ogni nostra invenzione, intuiamo che un giorno noi stessi saremo forzati, come uno scrigno. L’attimo, in cui lo spazio sarà dipanato e in cui noi saremo risolti, sarà il giorno in cui il mondo sarà creato. Avremo coscienza del contenuto di tutte le azioni, di sensazioni e intenzioni passate e future, per ogni vivente, da sempre, in nostra presenza o assenza. Allora, solo allora, se non sapremo perdonarci, inizieremo a vivere l’inferno…
Ivan Fassio

Andrea Chidichimo, Noè prega Dio, olio su dibond
Andrea Chidichimo, Uomo scartato da Noè, olio su dibond

Andrea Chidichimo, Becco di Animale scartato da Noè, olio e fuliggine su masonite



sabato 1 febbraio 2014

Una Passeggiata a Ritroso: dalla Performance ad un'Etimologia dell'Arte


Legandosi strettamente ad interventi sul territorio ed alla particolarità di posizioni ed occasioni, scultura, pittura e fotografia hanno ampliato il loro raggio d'azione. La necessaria documentazione di pretesti progettuali o itinerari, in questo senso, si è nutrita di mappe, banche dati, immagini, resoconti, video: risultati intermedi – fruibili, tuttavia, a livello estetico, intellettuale e relazionale. La performance art è diventata, talvolta, atto privilegiato per la formulazione iniziale di operazioni su specifici settori della percezione, del sapere, della società. In quanto espressione nata intorno all'esigenza di distacco dal mercato e di affrancamento dalla concezione di opera come prodotto finito, essa ha saputo ispirare come linfa purificata gli altri aspetti della contemporaneità.
Esercizi di durata variabile in contesti paesaggistici e naturali, piuttosto che in situazioni interne a sistemi chiusi, possono comprendere la partecipazione umana o contemplare semplicemente l'osservazione oggettiva di un fenomeno generato a distanza, meccanicamente o scientificamente. L'obiettivo è sempre, ad ogni modo, la convalida della relazione tra uomo e ambiente come fatto creativo inevitabile, intimo e primitivo, privato di implicazioni volontaristiche o di mediazioni artificiose.
Fissato in provvisorietà oggettuale, il ritorno alle radici dei concetti informanti dell'arte sarà scrutabile in sospensione illuminante. Le categorie saranno ancora lette secondo i loro originari contenuti: estetica come rapporto con i sensi, teatro nell'accezione di impressione visiva, poetica nel senso di matrice creativa totale, simbolo inteso nella condivisione comunitaria di un insieme di segni. L'etimologia rappresenterà il movente performativo di attualizzazione per ogni opera rielaborata e riproposta in arte: secondo intuizione e tecnica, talento e mestiere.



Ivan Fassio





martedì 28 gennaio 2014

Il Valore del Decoro

Mostra Personale di Jean-Paul Charles

a cura di Ivan Fassio e Marco Seveso

Inaugurazione Mercoledì 5 Febbraio 2014 – ore 18,00

Dal 5 Febbraio al 4 Marzo 2014
orari: tutti i giorni, escluso mercoledì, 10 - 12 / 16 - 19
Cooperativa di Consumo e Mutua Assistenza
Borgo Po e Decoratori
via Lanfranchi, 28
Torino


Nel 1929, l'Associazione Generale di M.S. fra Operai Decoratori e Pittori d'Appartamenti di Torino, fondata nel 1883, e la Società di M.S. Corale Po e Borgo Po, nata nel 1899, si accordarono per la condivisione della sede nell'attuale palazzina con giochi di bocce e pergolato in via Lanfranchi, costruita nel 1909. I Decoratori, che si spostavano da una residenza precedente, portarono in dote il bollettone: licenza di spaccio di bevande alcoliche. Dal 1935, anno della fusione dei due nuclei originari e della creazione della Società Anonima Cooperativa di Consumo e Mutua assistenza Borgo Po e Decoratori, le attività iniziarono ad articolarsi in più direzioni, a seconda dei diversi interessi: ausilio, beneficenza, bocciofila e coro. Accanto alle funzioni tipiche del mutuo soccorso ottocentesco, l'organizzazione prevedeva sussidio malattia, dottore sociale, medicine a prezzo ridotto.

La mostra personale di Jean-Paul Charles, Il Valore del Decoro, è organizzata secondo criteri di intenso dialogo con la storia della sede ospitante. La decorazione, intesa come elemento compositivo dell'esperienza pittorica e visiva, è uno degli aspetti concettuali più rilevanti di ogni avanguardia. Il decoro, alla base dell'intenzione di dipingere un quadro o creare un'immagine, ci indica come all'inizio non vi sia nient'altro che la preparazione del medium: promessa della pagina bianca, horror vacui e, allo stesso tempo, impossibilità di narrazione pienamente condivisibile e luogo archetipico dell'impercettibile e del nascosto. In quanto esempi di pittura pura, un drappeggio, una venatura sfumante, un fondo astratto si presentano come correlativi della reale essenza dell'arte: mancanza, anelito, lavorìo, antefatto per innovazioni future. Parallelamente, l'allestimento dello sfondo rappresenta il legame con la tradizione, la dimostrazione di un mestiere e la manifestazione del talento: virtù dimenticate in un'epoca che sminuisce e trascura il lavoro creativo.
Pittura, fotografia, radiografia, situazioni ricreate digitalmente e collages convoglieranno in un percorso che saprà integrarsi dialetticamente con i nodi ideali del passato: il decoro come recupero di prestigio nel rapporto proficuo con la storia dell'arte, il valore come rinata occasione di riconoscere ed apprezzare predisposizione, guizzo intuitivo e capacità inventiva.
All'orizzonte di ogni pratica estetica, brillerà una scacchiera di finto marmo in affresco: simbolo dell'esistenza, campo d’azione delle potenze umane e divine, cammino del tempo e dei cicli. Simbolizzerà il basamento necessario, modello ludico ed essenziale, per riformulare la maniera dell'espressione, il linguaggio di ogni creazione...




Ivan Fassio

Cooperativa di Consumo e Mutua Assistenza
Borgo Po e Decoratori
via Lanfranchi 28 - Torino
tel-fax 011.8195918 e-mail: borgopo28@tiscali.it Ristorante: tel.011.8190672