mercoledì 28 marzo 2012

Di ritorni, ricorsi e ricordi. Un viaggio spirituale in memoria di Antonio Tabucchi

J.P. Charles, Incontro con Ezio Gribaudo, 2012


Le balene possono sorridere, ma non si vedono mai i loro denti. È un detto dei pescatori delle Azzorre che Antonio Tabucchi aveva scelto come aforisma introduttivo per un libro d’artista realizzato nel 1995 da Ezio Gribaudo. Mi fa pensare alla raccolta di racconti Donna di Porto Pim e ai temi cari all’autore. Naufragi: metafore di ogni atto mancato, di ogni intenzione persa sotto l’ineluttabile strato delle apparenze. Balene: simboli del mistero dell’anima umana. Viaggi: reali e immaginari, custodi dell’altrove che nutre i nostri spiriti, di ogni verosimile possibilità che muove l’invenzione.
Mi imbatto in questo proverbio alcuni giorni fa, quando accompagno l’artista Jean-Paul Charles nello studio di Gribaudo. Il pittore e fotografo francese sta completando un suo particolare viaggio di incontro con diversi personaggi del mondo dell’arte. Percorso di conoscenza e di scambio – reale e virtuale, al tempo stesso – che terminerà con la realizzazione di una serie di ritratti da esporre il 7 luglio 2012 alla galleria En Plein Air di Pinerolo. L’incontro con il Maestro si apre proprio con il ricordo di Tabucchi, scomparso il giorno precedente. Ezio Gribaudo l’aveva conosciuto durante uno dei suoi tanti soggiorni a Parigi, al cafè dell’hotel Lenox, di cui lo scrittore era assiduo frequentatore nelle ore serali. Da quell’incontro era nata una collaborazione che aveva portato all’esposizione nel 1995, alla galleria Stubbs Books and Prints Gouaches and Watercolor di New York, di una serie di libri d’artista. Creati come opere uniche, rilegando stampe originali, questi volumi erano introdotti da un proverbio scelto dall’autore di Sostiene Pereira. Come copertina, una particolare riproduzione grafica di un cielo, orizzonte sul quale erano impressi simboli, lettere, disegni.
In una delle opere, un’invenzione del nonno di Tabucchi: “Guarda quel fico come è grosso, disse il beccafico accingendosi a beccare il fico, quello me lo becco io. Guarda quel beccafico come è grosso, pensò il cacciatore, quello me lo becco io. E gli sparò”. All’interno del libro una serie di conchiglie colorate scivolano sulle spiagge dell’Atlantico – chissà su quale sponda, Lisbona o New York? – come a segnare la distanza tra memoria personale e condivisione, tra incontro autentico e immaginazione.
Nel terzo libro che sfoglio, ecco un altro proverbio portoghese: “Al bambino e all’ubriaco Dio mette sempre una mano di protezione”.  Tra le pagine si susseguono le immagini michelangiolesche della mano di Dio tesa verso la mano dell’uomo. Storia dell’arte e creazione popolare si incontrano in un gioco tra archetipi di diversa estrazione. Incontri nell’incontro, terminati con un ricordo dei limpidi Cieli di Gribaudo – tenui interpretazioni degli spazi atlantici di Pessoa e Tabucchi – e con la nascita di una nuova opera di Charles, digitale e virtuale, questa volta, proiezione dei corsi e dei ricorsi che scavano le spiagge delle nostre esistenze.

Ezio Gribaudo, Teatro della Memoria, tecnica mista, 1965 - 2011

Ivan Fassio

venerdì 23 marzo 2012

Cosmos di Enrico De Paris alla Ermanno Tedeschi Gallery

E.T. De Paris, GOOD NEWS, mixed media – acrilico su tela, 2012, Ermanno Tedeschi Gallery
Continui innesti e immersioni negli spazi periferici del nostro tempo caratterizzano le intenzioni di Enrico T. De Paris. Nel nuovo spazio torinese della Ermanno Tedeschi Gallery, abbiamo passeggiato tra cosmi e microcosmi ancora inesplorati

Potremmo pensare che una serie apparentemente incontrollata di accumuli intenda distogliere definitivamente la nostra attenzione dalle intenzioni originarie di un’operazione artistica, per  innescare una successione di continui complementi strutturali. Alla stesso modo, aiutandoci ad entrare in un mondo complesso e arbitrario, la stessa sequenza di appendici e accorpamenti potrebbe portarci a riflettere sul proliferare indifferente e misterioso della vita e del progresso. L’artista Enrico Tommaso De Paris sembra proporci, oltre a tutto ciò, un ironico gioco di andata e ritorno tra ininterrotta produzione di senso e successivo scavo alla ricerca delle molteplici estensioni che completano l’opera.
La mostra COSMOS, che inaugura il nuovo spazio torinese della Galleria Ermanno Tedeschi, propone un percorso straniante ed eccessivo all’interno dei cosmi e dei microcosmi dell’artista. Pittura, scultura, installazioni, immagini digitali luminose e monitor contribuiscono a immergere lo sguardo dello spettatore in un mondo tanto immaginario quanto saldamente innestato su basi biotecnologiche.
All’interno di ogni universo pittorico o multimediale esposto in galleria, possiamo osservare ulteriori diramazioni di escrescenze e il proliferare caotico di comunità periferiche.  Due grandi polittici, H.O.T. e GOOD NEWS, rivelano il fondamento estetico dell’operazione: la creazione di un sistema che trae linfa vitale dalla realtà, ma che se ne distacca per crearsi delle proprie regole. FLUSSI presenta strutture molecolari e astrazioni, asimmetrici scavi all’interno di un immaginario plasma cellulare. In questo senso, continui innesti e nuove variazioni non possono che portare alla creazione di opere totali. LABORATORY, struttura dinamica in acciaio inox, rappresenta un carotaggio: una sorta di immersione indagatrice all’interno dell’uomo e della sua cultura. Creare per comprendere sembra essere il modus operandi privilegiato dall’artista. Contenuti psicologici e comunitari si sovrappongono e si trasformano per azionare, spontaneamente, una ricerca sul senso del nostro tempo e del nostro futuro.
Ivan Fassio – fonte Exibart

Dal 2 febbraio al 2 aprile 2012
Enrico Tommaso De Paris
COSMOS
Ermanno Tedeschi Gallery
Via Pomba, 14 – 10123 Torino
Orari: dal martedì al venerdì dalle 12.00 alle 16.00 o su appuntamento – ingresso libero
Info:  tel +39 011 4369917
fax +39 011 4357632

mercoledì 21 marzo 2012

Michael Hilsman a Torino - Galleria Glance

M. Hilsman, The Interpreter, 2012, oil on canvas, courtesy Galleria Glance
Alla sua prima personale in Italia, l’artista statunitense Michael Hilsman presenta il mezzo pittorico come strumento privilegiato per un’indagine su identità e percezione. Tra flussi di immagini e sensazioni.

Il tentativo di raffigurazione dell’io frammentato è una delle caratteristiche centrali della dimensione socio-culturale ed estetica contemporanea. Questa testimonianza sofferta si presenta, metafisicamente, attraverso i tratti di un’introspezione psicologica nostalgica e rassegnata. In altri casi, espressionisticamente, viene manifestata nell’ordine della scissione e dell’angoscia individuali. Queste sollecitazioni, quando si adattano formalmente ad uno stile e vengono elaborate impersonalmente, possono assurgere al livello di rappresentazioni universali.
Michael Hilsman (1984, Los Angeles) propone una pittura che, a metà strada tra i modelli precedentemente indicati, riesce a trascendere tanto le coordinate consolatorie, quanto la categoria della pura introversione. L’oblio di un’identità certa svilisce ogni visione soggettiva. La considerevole riduzione di volontà comunicativa porta ad accatastare linee, immagini e colori in un flusso indistinto che, al tempo stesso, pare generarsi automaticamente. L’accumulo di suggestioni sembra derivare da un’immersione spontanea nelle strutture della percezione. Argomenti e sensazioni personali sono posti su uno stesso piano di oggettivazione, in un vuoto narrativo. I segni non indicano più e tutti gli indizi di significazione si equivalgono. Ogni possibile simbolismo è, in questo modo, portato al proprio grado zero. Come in un continuo presente, ogni immagine è vergine e, tuttavia, caricata di infinite potenzialità significanti.
La mostra “Piccolo Grande Uomo” alla Galleria Glance di Torino è la prima personale italiana dell’artista. Segnalato dalla rivista Modern Painters come un giovane talento da osservare con attenzione, Hilsman considera la pittura un mezzo privilegiato per indagare il divario tra arte ed esistenza. L’esperienza artistica è sentita come luogo di conflitto tra personalità e ricerca di un’adeguata espressione della realtà. All’interno delle regole di composizione pittorica, ogni prova è indagine sulle infinite combinazioni di significato e possibilità di accedere a un più ampio raggio di comprensione e conoscenza.

Ivan Fassio, fonte: Exibart

M. Hilsman, Too Too, 2012, oil and acrylic on canvas, courtesy Galleria Glance
fino al 24.III.2012
Michael Hilsman
Piccolo Grande Uomo
Galleria Glance
Via San Massimo n.45 (interno cortile)
10123 - Torino
tel: +39 345.336.4193 - e-mail:info@galleriaglance.com
ingresso gratuito
orari: da martedì a sabato dalle 16 alle 19, in altri giorni e orari su appuntamento





martedì 20 marzo 2012

Le Macchine Svelate di Michelangelo Castagnotto

Michelangelo Castagnotto, 2011, La Macchina della Lettura, photo by Piero Ottaviano 

Le macchine svelate propongono un viaggio alle radici dei processi di fruizione dell’arte. Dove l’estetica riprende possesso, attraverso un percorso di riflessione su logica e senso, della propria originaria accezione di pratica

L'opera d'arte passa attraverso il tempo custodendo un suo linguaggio immanente: un potenziale di espressione ed efficacia estatiche. Suscita, contingentemente, un'esperienza di questo tipo ogni volta che rivive in un dominio individuale. Perché ciò accada, occorre che si inneschi una relazione tra arte e spettatore. Il risultato di questo rapporto non dipende da una particolare disposizione trascendentale della composizione artistica, ma si esplica nell'operazione stessa: incontro e attribuzione all'opera di un particolare valore. L’estetica può essere intesa, in accordo con le stesse radici etimologiche del termine, come una pratica sensibile di incontro e discussione.
Da queste premesse muove la proposta delle opere di Michelangelo Castagnotto. Le macchine, in mostra alla galleria Gagliardi Art System di Torino, sono dispositivi che utilizzano, per essere svelati, gli stessi meccanismi rituali di accesso all’opera. I prototipi si affacciano in un orizzonte assoluto di oggettivazione e, nelle simulazioni che propongono, rimandano ai fondamenti dei processi stilistici.
Il Baule, con le azioni pretestuali che impone allo spettatore, ricrea i modi funzionali di ricezione della pittura. Quest’ultima è intesa come forma artistica dotata della sua grammatica interna: atto di ispirazione e testimonianza individuale. In questo modo, tuttavia, cessa di essere linguaggio assoluto tradizionale per porsi come risultato di un’operazione dialettica di avvicinamento privilegiato e rituale.
La Macchina della Lettura sposta l’attenzione dal significato del linguaggio all’operazione sensibile del leggere: una sorta di estetica della logica e del senso, in cui ogni significato, proprio perché spogliato della propria valenza testuale, tende a riflettere tautologicamente su se stesso.
La Macchina per la Lettura dei Sassi è dispositivo di significazione di ogni lancio, vero e proprio esperimento aleatorio. L’atto è inteso come gesto rituale. Si tratta, ancora una volta, di una pratica che, qualunque sia la disposizione finale dei sassi scagliati, trova la propria ragion d’essere al suo stesso interno.

Ivan Fassio, Exibart


Michelangelo Castagnotto, Il Baule, 2010, photo by Paolo Pellion di Persano 
Dal 10 febbraio al 24 marzo 2012
Michelangelo Castagnotto – Le Macchine Svelate
Gagliardi Art System
Via Cervino 16
10155 Torino
Orari: mar/sab h. 15.30/19.00
Ingresso libero
t. +39 011 19700031

sabato 10 marzo 2012

Casualità Meditate


Giacomo Soffiantino, Natura Uomo 1, 2009
La nostra vita, in ultima analisi, implica una rassegnazione all’instabilità e allo squilibrio. È la fissità delle sue forme a renderla possibile e testimoniabile. All’interno di queste strutture ci muoviamo, in un percorso a ostacoli, tentando di scardinare e, successivamente, rifondare canoni e regole.
La ricerca della verità, nella tentazione che impone ad ogni esperienza artistica, non può sfuggire a un metodo. Continui ritorni e imposizioni di pratiche la renderanno assimilabile ad un percorso di raggiungimento dell’estasi.  In questo senso, fare violenza alle consuetudini stabilite sarà sempre il criterio costituente di ogni estetica. – Prendere coscienza di un’identità per poi abbandonarla. Credere nell’ordine per scontrarsi perennemente nella casualità. Frequentare la folla per sentirsi più soli. – L’esercizio dell’eterna e inevitabile finzione ci manterrà, sempre più flebilmente, ancorati alle nostre percezioni. Giungeremo a un passo dall’irraggiungibile e perfetta visione. Fino a quando un improvviso bagliore illuminerà il deserto e ci costringerà alla realtà, dove spazio e tempo svaniranno senza lasciare via di scampo al caso.
Ivan Fassio

Mostra collettiva a cura di Ivan Fassio e Mariana Paparà

Ruxandra Stefana Munteanu, Night Scenario

Ezio Gribaudo, Giacomo Soffiantino, Francesco Casorati, Sergio Agosti, Mariana Paparà, Gianni Ottaviani, Jean Paul Charles, Micaela Tornaghi, Ida Sacco, Alga Zaharescu, Davide Furia, Caterina Pellegrini, Franca Musso Binello, Ortansa Moraru, Monica Petronzi, Ruxandra Stefana Munteanu, Leonarda Barbera, Lorena Fortuna

Inaugurazione Giovedì 15 Marzo, a partire dalle 18.30
Dal 15 al 29 marzo 2012 
orari: dal Martedì al sabato, dalle 15.00 alle 18.30
Galleria Aripa di Mariana Paparà
Via Antonio Giuseppe Ignazio Bertola 27/i (10122) -Torino
011/19705181 – galleria@aripa.eu

Mariana Paparà, Metamorfosi